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Rileggere Aldo Moro 46 anni dopo

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“Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a questo domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, ma, cari amici, non è possibile; oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà…Camminiamo insieme perché l’avvenire appartiene in larga misura ancora a noi.”

Con un discorso memorabile da cui è estratto questo breve passaggio Aldo Moro spiegò ai gruppi parlamentari della DC la scelta del compromesso storico con il PCI di Enrico Berlinguer.

I partiti che oggi avrebbero il mandato di costituire l’opposizione ad una governo che sta portando l’Italia ad una deriva di una democrazia illiberale dovrebbero rileggerlo e rileggerlo e ripeterselo più volte.

Era il 28 febbraio del 1978. Quel discorso lungimirante, strategico, lucidamente profetico costò tre mesi dopo la vita ad Aldo Moro.

Il tempo della storia sull’assassinio di Moro non è forse ancora venuto, ma il tempo delle analisi certamente si. Il 9 maggio del 1978 ha cambiato, in peggio, la nostra storia.

E oggi, di fronte ad una maggioranza del paese che non trova risposta politica al desiderio di solidarietà, accoglienza, pace, diritti, equità sociale, legata saldamente alla nostra costituzione, i partiti che dovrebbero contrapporsi a questo governo di estrema destra non trovano un progetto di unità e di prospettiva per il futuro.

Quel testamento spirituale valido oggi perfino più di allora si concludeva con questa frase: “Occorre trovare un’area di concordia, un’area di intesa tale da consentire di gestire il Paese finché durano le condizioni difficili alle quali la storia di questi anni ci ha portato”.

Il terrorismo ieri, la destra populista oggi, si vince soltanto con l’unità.


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