“Siamo un faro della libertà di stampa”, sostengono pomposamente le autorità della Regione curda dell’Iraq. Un’affermazione smentita dal crescente numero, denunciato da Amnesty International, di arresti arbitrari, torture e processi-farsa nei confronti dei giornalisti. Chi non vuole finire in carcere fugge all’estero, si ripara nell’auto-censura o smette di esercitare la professione.
Nel 2023 Metro Center, un’organizzazione locale che misura il livello della libertà di stampa nella Regione curda dell’Iraq, ha registrato 37 arresti di giornalisti e altri 27 casi di insulti, minacce o aggressioni. Nei primi tre mesi del 2024, almeno altri dieci giornalisti sono stati convocati per interrogatori e, in alcuni casi, posti in detenzione.
I temi “tabù”, dei quali le autorità della Regione curda dell’Iraq non vogliono si parli, sono fondamentalmente due: la corruzione all’interno della cerchia del potere e l’autorizzazione all’esercito della Turchia a effettuare attacchi aerei all’interno della regione contro le basi locali del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan.
Qahraman Shukri sta scontando una condanna a sette anni di carcere per aver criticato la posizione delle autorità locali rispetto alle operazioni militari turche nella regione. È stato arrestato nel gennaio 2021 dagli asayish, le forze di sicurezza e d’intelligence curde-irachene, nella sua abitazione nel governatorato di Duhok. Dopo quattro mesi di sparizione forzata, la famiglia è stata informata che si trovava nella prigione di Zerka, a Duhok. Ai parenti, in visita in carcere, ha raccontato di essere stato sottoposto a pestaggi fino a quando non ha confessato reati mai commessi.
Secondo gli atti del processo, Shukri è stato giudicato colpevole di “adesione al Pkk”, “spionaggio” e “condivisione di documentazione” col gruppo armato. Il 12 ottobre 2023 la Corte di cassazione ha confermato la condanna a sette anni.
Il fratello di Shukri, a sua volta giornalista, ha ricevuto numerosi avvertimenti a “tenere la bocca chiusa” fino a quando ha dovuto lasciare la regione.
Sherwan Sherwani è stato arrestato il 7 ottobre 2021 e, quattro anni dopo, incriminato insieme ad altri quattro giornalisti per le medesime accuse: “spionaggio” e “condivisione di documentazione” col Pkk. Avrebbe dovuto essere scarcerato il 9 settembre 2023 ma il tribunale di Erbil ha presentato nuove prove nei suoi confronti che hanno causato il prolungamento della condanna di altri quattro anni.
Sono almeno otto, negli ultimi quattro anni, i giornalisti che sono fuggiti dalla Regione curda dell’Iraq per evitare il peggio: uno di loro, che ha chiesto di rimanere anonimo, è riparato all’estero nel 2020 dopo essere stato arrestato 11 volte dalle forze di sicurezza senza alcun mandato.
Quel “faro della libertà di stampa” di cui parlano le autorità della Regione curda dell’Iraq, dunque, è del tutto spento.