Matteo Falcinelli, un trattamento crudele e disumano nelle mani della polizia di Miami

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Le immagini riprese dalle body-cam degli agenti della polizia di Miami, in Florida, che mostrano l’arresto di Matteo Falcinelli e le fasi successive, sono tremende.
Si vedono all’opera tecniche di immobilizzazione non necessarie e particolarmente cruente: l’ormai famigerato ginocchio sul collo che non solo blocca il soggetto, ma rende difficile la respirazione e può causare – come ha causato, nel caso di George Floyd – la morte: poi, un’altra tecnica di immobilizzazione che blocca gli arti legandoli tra loro, dolorosissima e altrettanto non necessaria, durata per 13 minuti nei confronti di una persona evidentemente inerme e che non costituiva alcuna minaccia.
Quali sono le cause di fondo? In primo luogo, c’è una mancanza di formazione e di preparazione, che lascia spazio all’abitudine di ricorrere a tecniche di immobilizzazione più sicure per coloro che le eseguono ma senza rendersi conto dei danni che possono arrecare a chi le subisce. L’impunità diffusa, a volte scalfita da condanne assai poco esemplari e molto blande, rafforza quell’abitudine.
Nei singoli stati degli Usa, sotto la cui competenza ricade gran parte delle attività di polizia (giacché la polizia federale si occupa di reati federali), mancano regole chiare su quale uso della forza sia lecito e quale sia illecito: ciò vale sia per gli arresti che per la gestione dell’ordine pubblico, come stiamo vedendo nelle ultime settimane negli sgomberi violenti delle proteste nei campus universitari.
Infine, dall’amministrazione federale mancano messaggi chiari di condanna, indicazioni chiare che determinati comportamenti non sono tollerabili e non saranno tollerati.

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