Le aggressioni dei giornalisti iraniani all’estero preoccupano le Nazioni Unite

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Continuano le minacce e le aggressioni contro i giornalisti iraniani all’estero. Cinque esperti delle Nazioni Unite in un comunicato congiunto, hanno chiesto la fine degli atti violenti e minacce contro i giornalisti iraniani che lavorano all’estero nei media di lingua farso e nei media internazionali.
Questi esperti in particolare hanno accennato alle aggressioni e intimidazioni contro i giornalisti e il personale tecnico della televisione Iran International, con base a Londra. Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, la recente aggressione contro uno dei giornalisti di questa stazione televisiva che è stato accoltellato in pieno giorno nella capitale britannica, rientra in un piano più in generale della Repubblica Islamica per far tacere i giornalisti iraniani che si fanno portavoce delle proteste in Iran.
Secondo gli esperti dell’ONU non è in pericolo solo l’incolumità dei singoli giornalisti, ma la  libertà di stampa e il diritto di singoli ad esprimere le loro opinioni liberamente e senza temere per la propria vita. Gli esperti delle Nazioni Unite scrivono nel loro comunicato congiunto che queste aggressioni e minacce sono aumentate dopo le rivolte del 2022 e l’inizio del movimento “Donna, Vita, Libertà”.
Da tempo alcuni giornalisti iraniani che vivono e lavorano nel Regno Unito e negli USA vivono sotto la protezione delle forze di sicurezza di questi paesi ed hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni e vivono assieme ai loro familiari in case protette.
Secondo le informazioni raccolte dall’anti terrorismo britannico, i tre autori dell’aggressione al giornalista Pouria Zeraati, accoltellato a Londra, erano cittadini dell’Europa dell’Est. Uno di loro identificato grazie alle telecamere, è cittadino albanese.
Negli Stati Uniti i componenti del gruppo che doveva rapire la giornalista e attivista dei diritti delle donne, Masih Alinejad, erano tutti cittadini della Repubblica dell’Azerbaijan. La Repubblica Islamica recluta bande di criminali comuni, come risulta anche dall’ultimo rapporto dell’anti terrorismo svedese, provenienti dai paesi dell’Europa orientale o Asia centrale.
(Nella foto l’aeroporto di Theran)


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