C’è solo una parola che può definire bene tutto: vergogna. E dura da 77 anni.
Tanti sono quelli trascorsi da quel maledetto Primo maggio 1947 quando 11 persone che partecipavano alla Festa del Lavoro, morirono uccisi a Portella. Una strage politico-mafiosa fatta dalla banda di Salvatore Giuliano, dopo che il blocco delle sinistre aveva vinto elezioni regionali in Sicilia. Su mandato di chi?
Da allora accadde di tutto.
Ho tentato di raccontarlo nel mio libro, “Traditori”.
Riassumo alcuni fatti:
1. Giuliano era inafferrabile e ogni volta che si avvicinava la sua cattura accadeva qualcosa. Come quando il vicecapo della banda, Salvatore Ferreri (detto “fra diavolo” per la sua ferocia) venne convinto a fare l’infiltrato dalle forze dell’ordine. Ma all’improvviso fu ucciso con un colpo alla nuca da un carabiniere che sapeva che Ferreri li avrebbe portati da Giuliano.
2. Giuliano non fu mai arrestato e non poté spiegare chi gli avesse ordinato la strage. Venne ucciso nella notte fra il 4 e il 5 luglio 1950. Tenetevi forte. I carabinieri dopo la sua morte rivestirono il cadavere, lo spostarono nel cortile dell’abitazione e simularono un conflitto a fuoco. Una palese menzogna, un palese depistaggio. Solo anni dopo si scoprì che fu ucciso dal suo cugino (e braccio destro) Pisciotta.
3. Pisciotta, quando i carabinieri a cui si era affidato vennero promossi e lui non servi più, fu arrestato. Si sentì tradito perché venne condannato per la strage di Portella e disse di voler rivelare i mandanti. La rivelazione annunciata gli fu fatale. Morì, ma non di morte naturale bensì con un caffè avvelenato, all’interno della sua cella.
Di certo ci sono soltanto quei morti di Portella, 11 persone innocenti, ancora oggi senza verità né giustizia.
È vergognoso che dopo 77 anni ci sia ancora il segreto di Stato.
Per chi vorrà, troverà questo e tanto altro nel libro “Traditori”: fatti, depistaggi e misteri del nostro Paese.
Conoscere per capire e scegliere da che parte stare.