Una interrogazione del deputato del Partito Democratico Arturo Scotto tenta di riaccendere i riflettori sulla condizione dei braccianti agricoli in provincia di Latina. E lo fa dopo una lunga ricostruzione degli ultimi episodi illustrati nella interrogazione rivolta ai Ministri dell”Interno, del Lavoro e dell’Agricoltura. La premessa è un dato consolidato: “..nella provincia di Latina i casi di caporalato sono all’ordine del giorno; migliaia di donne e uomini, spesso immigrati, sono obbligati a vivere condizioni di lavoro e di emarginazione particolarmente gravi. Condizioni diffuse in particolare, ma non in maniera esclusiva, nel settore agroalimentare; diverse importanti operazioni contro sfruttamento, padronato e caporalato condotte dalle forze dell’ordine e dalla magistratura hanno spesso disvelato la complicità di professionisti e dirigenti pubblici, che intervengono a vantaggio di sfruttatori e imprenditori criminali rendendo più sofisticato e articolato il sistema agromafioso vigente; la recente operazione condotta dal Nucleo investigativo del gruppo carabinieri forestali di Frosinone ha addirittura ipotizzato il reato di corruzione per un dirigente della regione Lazio a capo dell’area decentrata agricoltura Lazio Sud e dell’area decentrata agricola di Latina, insieme a otto imprenditori; uno dei filoni di inchiesta finito alla procura di Latina ha visto indagato per corruzione impropria un senatore, in passato membro della Commissione bicamerale antimafia e attualmente presidente della Commissione ambiente del Senato; ennesima dimostrazione di un settore che sviluppa forme di corruzione ampie che, se confermate in sede di giudizio, arrivano a coinvolgere i vertici della politica locale e nazionale; molti studi, ricerche e inchieste, condotte ad esempio da Eurispes, In Migrazione, Cgil, Legambiente, Medu, Emergency, Nazioni Unite e altre organizzazioni denunciano il persistere di forme organizzate di sfruttamento e violenza nei riguardi in particolare dei braccianti di origine straniera che, a partire dall’assunzione di sostanze dopanti per reggere lo sfruttamento, arrivano fino a condizioni di segregazione e schiavitù; tra le più inquietanti costrizioni cui sono costretti i braccianti, si annovera l’obbligo, imposto dal datore di lavoro o dal caporale indiano, di abbassare il capo o fare il saluto romano dinanzi all’effige o busto del dittatore Mussolini presente in alcune aziende agricole pontine; si tratta di una forma di un’umiliazione che indica la precisa collocazione di alcuni imprenditori nel quadro di un ‘fascismo agrario’ che è, come sempre, in chiara contraddizione con lo Stato democratico vigente; a quanto si apprende, il loro scopo sarebbe quello di ‘insegnare’, come è stato più volte riferito, l’ordine superiore al quale i lavoratori stranieri devono sottostare, ricordando loro che ‘in Italia comandano gli italiani’ e che ‘il fascismo è la fede politica nella quale credono i padroni’; in alcune di queste aziende, inoltre, secondo alcune testimonianze, sarebbero nascoste armi come pistole e fucili, alcune regolarmente detenute, utilizzate per ricattare e/o impaurire i braccianti stranieri e ricordare loro chi comanda e cosa è in grado di fare se gli ordini imposti non vengono eseguiti correttamente; queste condizioni non possono continuare a essere tollerate, a tutela dei diritti del lavoro, della dignità umana, della democrazia che è sempre e per sempre antifascista; i fatti narrati sono tutti riportati da organi di stampa nazionale, come l’articolo del Domani dal titolo ‘Braccianti obbligati a fare il saluto romano o minacciati con le armi: la lotta al caporalato torni una priorità‘ di Marco Omizzolo e Sandro Ruotolo“. Questa la descrizione dello stato delle cose in uno dei segmenti più importanti dell’economia della seconda provincia del Lazio, nonché una delle più importanti in ambito nazionale. Alla lice di tali dati l’onorevole Scotto chiede “se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative – per quanto di competenza – intenda intraprendere al riguardo; se non ritenga che il contrasto allo sfruttamento, al padronato e al caporalato nell’Agro Pontino, come nel resto del Paese, debba tornare a essere una priorità per la politica nazionale a tutela della dignità di tutti i lavoratori e le lavoratrici, come anche il fondamentale contrasto alle mafie e ad ogni loro declinazione, fino alla loro definitiva sconfitta, e se non ritenga di assumere una ferma iniziativa anche nei confronti dell’inquietante inneggiamento al fascismo che viene perpetrato nei territori del basso Lazio”.