Franco Di Mare era innanzitutto un uomo buono, una persona perbene, poi anche un grande giornalista. Sempre in prima fila, sempre sul campo, spesso purtroppo campi di battaglia, a contatto non solo con l’orrore del sangue e della morte ma anche con tutti i danni collaterali che ogni guerra reca con sé. E quasi sicuramente sono state proprio le porcherie che è stato costretto a respirare, specie nei Balcani, a provocargli il mesotelioma pleurico che lo ha ucciso a soli sessantotto anni, al termine di un’esistenza trascorsa interamente a cercare e raccontare notizie in giro per il mondo.
Franco, ribadiamo, era innanzitutto un amico. Aveva adottato una bambina, Stella, dopo averla conosciuta in un orfanotrofio bombardato a Sarajevo, e quell’incontro gli aveva cambiato per sempre la vita. Era riuscito a vedere e portare amore persino in quell’inferno. E così si è comportato in ogni circostanza, vivendo una vita meravigliosa, come ha ammesso lui stesso pochi giorni fa in un’intervista rilasciata a Fabio Fazio, e manifestando, fino alla fine, passione civile, profondo coraggio e un’immensa voglia di continuare a lottare.
Non entriamo nel merito della sua vicenda in RAI: non è opportuno, non in questo momento, anche se prima o poi bisognerà tornare sulla denuncia che Franco non ha rinunciato a compiere, definendo “ripugnante” il fatto di essere stato sostanzialmente abbandonato a se stesso.
Gli diciamo addio con le lacrime agli occhi, con profonda gratitudine, con un senso di inquietudine che ci pervade e difficilmente ci abbandonerà ma, al tempo stesso, con la speranza che il suo esempio faccia scuola. Perché Franco, come detto, non era uno che si tirasse indietro, mai, neanche quando si rischiava la vita ed era lecito avere paura. Ne aveva eccome, ma andava avanti. E quel coraggio, probabilmente, prima lo ha reso straordinario e poi se l’e portato via.
A Stella e a tutta la sua famiglia, sincere condoglianze. Ciao Franco, sarai sempre con noi.
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