(Parigi). Omicidi mascherati a sangue freddo, torture di prigionieri, famiglie uccise, bambini innocenti colpiti al petto e corpi abbandonati ed esposti alle intemperie. L’esercito australiano ha lasciato dietro di sé una scia di sangue in Afghanistan che i solerti ufficiali militari hanno cercato (senza successo) di nascondere nelle sabbie ardenti di Kandahar.
Ma rivelare al grande pubblico le atrocità commesse da questi soldati senza valori né speranza – la presenza degli eserciti della NATO in Afghanistan si è risolta in un totale sfacelo, in una completa disfatta – non ha portato a nessun riconoscimento prestigioso o onorifico per McBride. Al contrario, ha accelerato il suo infernale processo di incarcerazione al termine di un calvario giudiziario. Mentre i criminali e gli assassini di anziani e bambini sono liberi, i whistleblowers, che forniscono informazioni di prima mano su come questi assassini hanno operato e poi coperto i loro crimini, sono invece perseguiti e sottoposti a procedure kafkiane. Il riconoscimento di valore per queste rivelazioni è andato dunque solo ai giornalisti che hanno pubblicato le notizie mentre la loro fonte è stata letteralmente schiacciata dalle autorità seguendo un iter che assomiglia molto a quello di Assange: lodi sperticate ai grandi giornali che hanno pubblicato le scottanti rivelazioni e carcere duro invece per le preziose fonti senza le quali i giornali avrebbero avuto in mano solo un pugno di mosche.
Ma se oggi sappiamo tutto delle abiure e sozzure dell’esercito australiano in Afghanistan è soltanto grazie a David Mcbride. Come il suo connazionale Assange, David McBride, ex avvocato dell’esercito australiano, ha consegnato ai giornalisti dell’Australian Broadcasting Corporation (ABC) una serie di documenti militari, documenti riservati che descrivono i crimini di guerra commessi dai soldati delle forze speciali australiane in Afghanistan. Per aver rivelato questi crimini efferati, invece di diventare un eroe nazionale, David McBride ha dovuto difendersi da cinque capi d’accusa, tra cui divulgazione non autorizzata di informazioni, furto di proprietà del Commonwealth e tre accuse di violazione della legge sulla difesa. Dopo un processo tortuoso McBride è stato condannato a quasi 6 anni di prigione. Per Human Rights Law Center “si tratta di un giorno buio per la nostra democrazia e avrà un grave effetto raggelante sui potenziali informatori. I whistleblowers rendono l’Australia un posto migliore denunciando le violazioni dei diritti umani, gli illeciti e la corruzione”.
Gli “Afghan Files” documentano torture e omicidi commessi da un esercito mal preparato e in rotta, le cui regole di ingaggio erano ambigue. Ma rivela anche che, dopo aver commesso gli efferati crimini, la gerarchia militare si è imbarcata in vaste operazioni di insabbiamento, fornendo una copertura totale agli abusi e ai crimini. Non è quindi una coincidenza che nessun soldato sia stato processato e condannato, e che nessun gerarca sia stato assicurato alla giustizia. La prima persona a essere incarcerata in relazione ai crimini di guerra commessi dall’Australia in Afghanistan è una fonte dei giornalisti, un whistleblower, non un criminale di guerra! Un paradosso assoluto.
Come ricorda l’ex ufficiale dell’esercito australiano Stuart McCarthy, il film di successo Four Corners, presentato alla vigilia della condanna di David McBride come “la vera storia dietro i dossier afghani”, illustra quanto la stampa tradizionale sia diventata debole nel difendere i fatti che contraddicono la propaganda ufficiale. Il film getta un’ombra sulle azioni di McBride e distoglie l’attenzione del pubblico dai veri colpevoli: i soldati, la gerarchia militare e i leader politici che hanno mandato l’esercito in rotta. Tra questi politici figurano il Ministro della Difesa, direttamente coinvolto nel dispiegamento tattico delle Forze speciali australiane in Afghanistan, e sette dei ministri dell’epoca che sono ancora oggi ministri del governo australiano. Ironia della sorte, il Segretario di Gabinetto dell’epoca è oggi il Procuratore Generale che si è rifiutato di esercitare il suo potere ministeriale per far cadere l’ingiusta accusa a McBride. Il cerchio dell’insabbiamento si è definitivamente chiuso.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21