Cronista del Giornale condannato alla pena del carcere. Succede nell’Italia che assomiglia all’Ungheria. Le reazioni

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“Rifiutiamo l’idea che in un Paese democratico venga ancora comminata la pena del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Il caso di Pasquale Napolitano, cronista del Giornale, giustamente denunciato oggi in prima pagina con grande evidenza, è la goccia che fa traboccare il vaso di una normativa che non sta più in piedi. Al di là del merito della vicenda, che pure suscita non poco stupore per la discrepanza tra fatto e condanna, è necessario comprendere che l’uso strumentale delle azioni giudiziarie (penali e civili)  contro i giornalisti colpisce tutta la stampa, al di là dei suoi orientamenti. Attenzione, non si può però abolire il carcere e inasprire le pene pecuniarie colpendo, in particolare, i cronisti più deboli.  Serve una riforma che tuteli la libertà di informazione, che non è una prerogativa dei giornalisti ma un diritto di tutti i cittadini e un architrave della democrazia”. Questo il commento del Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli a latere della condanna del collega campano, cui va la solidarietà di Articolo 21 che da anni si batte per l’abrogazione della pena del carcere per i giornalisti, chiesta peraltro con sentenza della Corte Costituzionale.
(Nella foto il giornalista Pasquale Napolitano)


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