Ed ora sarà il caso di passare dalla indignazione all’azione. Ci sono voluti i bavagli alla Rai, la trasformazione del servizio pubblico in agenzia governativa, l’annuncio di una possibile reintroduzione del carcere per i cronisti, i maneggi attorno alla agenzie, il trionfo del conflitto di interessi, per rendere chiaro a tutte e a tutti quello che Articolo 21 aveva denunciato dal primo giorno: l’assalto del governo di estrema destra al sistema mediatico. Il lodo modello è Orban, anzi il modello rischia di essere superato.
L’Italia ha abbandonato gli standard europei e, da dopo l’approvazione del Media Freedom Act, ha ulteriormente preso le distanze dalle direttive europee e dalle sentenze della Corte Europea.
Quello che sta accadendo, tuttavia, non può essere fermato dalla pur legittima indignazione.
Spetta alle forze politiche e sociali denunciare davanti al Parlamento ed alla Commissione Europea quanto sta accadendo.
Bisogna sollecitare l’invio di una missione per mettere “sotto osservazione” l’Italia e aprire un dossier sulle sistematiche violazioni delle indicazioni comunitarie in materia di libertà di informazione. Urge la presentazione di un esposto alle autorità di garanzia e alla Corte Costituzionale per segnalare le violazioni in atto e l’incostituzionale della legge Gasparri Renzi che regole le nomine dei vertici del fu servizio pubblico.
La denuncia deve diventare lotta e tornare nelle piazze.
Noi di Articolo 21 saremo oggi a Roma per reclamare #freeassange e la liberazione da bavagli e manganelli, sempre comunque e dovunque.
Sempre oggi ci sarà un’iniziativa a difesa del pensiero critico a Torino, in piazza Castello.
Lunedì 15 aprile alle 17 ad Ancona nuova puntata del la via maestra con Articolo 21, Cgil, Tavola della pace, Anpi, insieme contro ogni tentativo di “commissariare” la Costituzione.
Il 22 ,23 e 24 aprile appuntamento a Napoli con il Festival Imbavagliati che metterà insieme quanti nel mondo contrastano catene, manette, carcere, leggi liberticide.
Il 25 aprile, in tutte le piazze, porteremo le nostre bandiere per denunciare il tentativo di imbavagliare l’informazione, come premessa per realizzare una repubblica presidenziale senza controlli.
Del resto, sarà bene non dimenticare mai che, dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti, le cosiddette “leggi fascistissime” colpirono la libertà di informazione, di associazione, di riunione, di sciopero.
Sarà il caso che le opposizioni, impegnate a darsele di santa ragione, ritrovino l’unita e, almeno il giorno della liberazione dai fascisti, scendano in piazza insieme, senza steccati e senza gelosie.
Dalla indignazione bisogna passare all’azione.
Siamo già in grave e colpevole ritardo.
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