Una decisione destinata a far discutere quella presa dalla guida di Instagram, Adam Mosseri, di limitare la visibilità dei contenuti politici suggeriti dagli account che non si seguono. L’impresa ha dichiarato di voler proteggere i propri utenti dalla sovrabbondanza di contenuti che entrano nel feed pur essendo condivisi da account che non vengono seguiti. Questa novità era già stata annunciata alla fine di febbraio, ma solo nelle ultime settimane è giunta l’ufficialità con l’inserimento automatico di un filtro per tutti gli utenti. La decisione ha scatenato notevoli polemiche, soprattutto tra coloro che ritengono si tratti di una manovra di censura arbitraria, ma le cose sono più complesse e meritano un’analisi approfondita.
La manovra portata avanti da Meta, in effetti, risponde alle centinaia di migliaia di segnalazioni di utenti che hanno visto il proprio profilo e il proprio feed invasi da una serie di contenuti non richiesti, molto spesso sponsorizzati che, in questo modo, oscuravano le pubblicazioni provenienti dai profili che invece erano deliberatamente seguiti. Di fatto, quindi, la decisione di Meta sembrerebbe mettere un freno alla possibilità, soprattutto in campo politico, di poter diffondere notizie tramite il pagamento di cospicue somme alle piattaforme per la promozione dei contenuti.
Sempre Mosseri, però, ha chiarito anche che l’idea della piattaforma è anche quella di rendere i social un luogo più “sereno”, limitando dunque i contenuti che potrebbero ledere l’umore. Si tratta dell’ultimo passaggio di una politica, già inaugurata qualche anno fa, che punta a scoraggiare la fruizione da parte degli utenti di contenuti portatori di messaggi che la piattaforma definisce “problematici”. In passato, infatti, Instagram aveva ristretto la possibilità di ricerca di parole sensibili legate ai vaccini e al Covid, mentre più recentemente aveva modificato il feed per evitare di sovraesporre la questione israelo-palestinese, giudicata particolarmente scottante.
Il principale problema di tutta questa la vicenda, al di là di una pessima scelta comunicativa da parte dell’azienda, sta nel fatto che non è chiaro chi o cosa si occuperà di decidere la liceità di un contenuto rispetto ad un altro, essendo i social un terreno ancora vergine dal punto di vista del diritto e delle normative e, inoltre, pare chiaro che in questo vuoto normativo a dettare le regole del gioco siano le grandi piattaforme, a discapito di milioni di utenti. Pur non trattandosi dunque di una vera e propria censura, la decisione di Meta, giunta dalla sera alla mattina, in automatico e senza preavviso, deve interrogare sulle metodologie di controllo adottate dai social stessi in maniera del tutto arbitraria e al di fuori di qualsiasi possibile dialettica.