Tutte le morti sul lavoro ci devono indignare, ma quando i fatti accadono vicino a noi ci colpiscono in modo particolare. E’ quello che è accaduto al lago di Suviana nella centrale idroelettrica di Bargi, il comune è Camugnano in pieno Appennino Tosco-Emiliano poco distante da Pianaccio (Lizzano in Belvedere) dove vi è il presidio di Articolo 21 presso il Centro Documentale Enzo Biagi. Il 25 aprile si terrà, come ogni anno, la manifestazione della nostra Associazione per ricordare la guerra di Liberazione dal nazifascismo, quest’anno dedicata alla Resistenza delle Donne con la partecipazione anche di lavoratrici, sarà l’occasione per ricordare quello che è appena accaduto. Al momento le vittime sono cinque, cinque i feriti e purtroppo ancora un disperso. Tra le cinque vittime a causa dell’esplosione della turbina: Mario Pisani, Vincenzo Franchina, Pavel Tanase, Adriano Scandellari, Paolo Casiraghi, Pisani lascia la moglie, tre figli e cinque nipoti, Franchina, sposato da un anno, era diventato papà da soli tre mesi. Tra i feriti gravi Jonathan Adrisano di Porretta Terme, mentre Nicholas Bernardini di Gaggio Montano è già stato dimesso dall’ospedale. I sindacati CGIL e UIL hanno decretato per oggi, che lo sciopero nazionale di quattro ore in Emilia-Romagna sia di otto e il corteo principale è a Bologna. Morire sul luogo di lavoro è inaccettabile. Per l’ennesima volta trasformare i morti e i feriti, molti di questi diventati grandi invalidi, in numeri è ancora di più inaccettabile. I dati ci dicono che nei primi due mesi del 2024 le morti sono state 119 il 19% in più rispetto all’anno scorso. Quando eravamo in onda su Rai1con Il Fatto di Enzo Biagi, nelle otto edizioni abbiamo dedicato diverse puntate alle morti sul lavoro e già allora la media annuale era di tre al giorno per un totale di oltre mille esseri umani ammazzati. Sono trascorsi più di ventidue anni dalla fine della nostra trasmissione e i numeri sono sempre gli stessi anzi gli incidenti sono aumentati. L’indice della responsabilità è puntato sulla mancanza di addestramento dei lavoratori e di sicurezza, sugli appalti e subappalti, in particolare nel settore dell’edilizia. L’ANCE (Associazione Nazionale delle Costruzioni Edili) ha dichiarato che su 400 mila imprese 65 mila avrebbero zero dipendenti e nell’ultimo rapporto Istat sta scritto che su 100 lavoratori 16 sono in nero. Anche la strage del lago di Suviana sarà, ancora una volta l’occasione per fare tanto rumore per nulla, nel mondo del lavoro niente cambierà perché il profitto, il business e non la sicurezza di chi lavora sono i principali obiettivi delle imprese, per non parlare del carico da novanta che ci mette la criminalità organizzata. Morire per lavorare non è un tema appetibile, al di là del momento della cronaca subito dopo l’accaduto, né per chi dovrebbe fare le riforme, né per chi decide i contenuti degli approfondimenti informativi. In tv è preferibile inseguire gli interessi di chi governa, quindi parlare di disordine sociale, di insicurezza, di violenza urbana, sottolineare la paura che arriva dal mare, gridare al lupo al lupo ogni volta che spunta all’orizzonte davanti a Lampedusa un barcone con centinaia di disperati che scappano dalla violenza, dalle guerre, dalle dittature, dalla povertà e dalla fame. No, quegli oltre 1000 morti all’anno sul lavoro, che poi sono molti di più se ci aggiungiamo anche chi perisce sulle strade per raggiungere il luogo di lavoro, non interessano soprattutto alla politica e a chi ha dimenticato che il mestiere del giornalista è quello di essere cane da guardia della democrazia e non del padrone di turno dimenticando anche ciò che ci ricorda la nostra Costituzione che L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.