“Alla vigilia di Natale del 1944, Pio XII pronunciò un celebre Radiomessaggio ai popoli del mondo intero. La seconda guerra mondiale stava avvicinandosi alla conclusione dopo oltre cinque anni di conflitto e l’umanità – disse il Pontefice – avvertiva «una volontà sempre più chiara e ferma: fare di questa guerra mondiale, di questo universale sconvolgimento, il punto da cui prenda le mosse un’era novella per il rinnovamento profondo». Ottant’anni dopo, la spinta a quel “rinnovamento profondo” sembra essersi esaurita e il mondo è attraversato da un crescente numero di conflitti che lentamente trasformano quella che ho più volte definito “terza guerra mondiale a pezzi” in un vero e proprio conflitto globale.” Comincia così – dopo le premesse di rito- il discorso che papa Francesco ha pronunciato l’8 gennaio di quest’anno.
Si potrà ritenere che la guerra è la condizione naturale nella quale ci siamo trovati quasi da sempre e ricordare la storia europea ci ricorda la storia della guerra dei trent’anni seguita dalle guerre napoleoniche, poi dalla Prima e quindi dalla Seconda Guerra Mondiale. Ma questo non basta a spiegare la scomparsa di quella spinta. Colpisce che da tempo proprio un papa abbia colto il senso degli accadimenti, forse determinati dalla mancanza di un soggetto dominante che, in virtù della sua riconosciuta posizione, potesse imporre un cosiddetto “ordine” al mondo. Pensare all’ordine mondiale in termini utopici, di pacifica e gioiosa coesistenza tra i popoli e le nazioni, è un conto, pensare all’ordine che ci lasciamo alle spalle come il frutto dell’intesa tra statunitensi e sovietici è un altro. Tutto sommato Yalta riconobbe a Mosca un controllo territoriale che nessuno zar aveva mai ottenuto nella storia.
Che cosa ha capito dunque Francesco che noi non abbiamo capito? A me sembra che l’epoca dell’instabilità sia cominciata dalla presa d’atto americana che la fine della storia non c’era, non poteva esserci. L’impero doveva ritirarsi da alcune zone del mondo, emergevano nuovi protagonismi, nuovi “poli”.
Qui Dio è tornato a presentarsi sotto i panni della teopolitica, o di tante teopolitiche contrapposte tra di loro, a partire da quella teocratica iraniana, già nel 79. L’esempio più evidente lo abbiamo avuto con bin Laden, che ha dato un volto religioso a chi voleva ripagare gli Stati Uniti con la stessa moneta di cui li accusava di vessare il mondo.
Non è stato un cammino a senso unico: la risposta all’islamismo è stata evidente, un cristianismo militante. E da allora il discorso si è allargato, sempre di più, fino alla proclamazione della guerra santa russa in Ucraina e all’incendio mediorientale cui assistiamo.
Queste guerre ci riportano ai tempi delle defenestrazioni di Praga, o prima ancora, alla strage degli Ugonotti. La successiva limitazione bellica che sembrò contenere i conflitti nei teatri delle grandi battaglie finì orrendamente, con la devastazione della Seconda Guerra Mondiale e i suoi orrori. E infatti a questo si cercò di dire basta con l’elaborazione del diritto umanitario internazionale e molto altro.
Il tramonto di questo spirito, di questo tentativo almeno di governare l’atto bellico è certificato da Francesco nello stesso discorso del 2024: “ le guerre moderne non si svolgono più solo su campi di battaglia delimitati, né riguardano solamente i soldati. In un contesto in cui sembra non essere osservato più il discernimento tra obiettivi militari e civili, non c’è conflitto che non finisca in qualche modo per colpire indiscriminatamente la popolazione civile. Gli avvenimenti in Ucraina e a Gaza ne sono la prova evidente. Non dobbiamo dimenticare che le violazioni gravi del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra, e che non è sufficiente rilevarli, ma è necessario prevenirli. Occorre dunque un maggiore impegno della Comunità internazionale per la salvaguardia e l’implementazione del diritto umanitario, che sembra essere l’unica via per la tutela della dignità umana in situazioni di scontro bellico”.
Ma le “guerre sante” non hanno limiti. Così l’instabilità odierna, dovuta a fattori politici, sembra portarci a fluttuare tra grandi “guerre sante”, i cui marosi si accavallano, e non riconoscono limiti.