Il 25 aprile sia un giorno di pace!

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Non stiamo facendo abbastanza. Viviamo giorni straordinariamente violenti e pericolosi, l’orizzonte è sempre più spaventoso, ma noi non stiamo facendo abbastanza. La guerra vera si fa sempre più atroce e vicina e noi non stiamo facendo abbastanza. I crimini di guerra si moltiplicano di ora in ora nell’impunità generale e noi non stiamo facendo abbastanza. I “signori” della guerra si fanno sempre più prepotenti e noi non stiamo facendo abbastanza. Dobbiamo avere il coraggio di riconoscerlo: non stiamo facendo abbastanza per cambiare questa drammatica realtà. Non bastano i fotogrammi dell’orrore che filtrano dal muro della disinformazione innalzato dai grandi circuiti mediatici del potere. Non basta il crescendo delle follie belliciste dell’Unione europea, della Nato e dei suoi portavoce.

Ho l’impressione che molti non abbiano ancora capito cosa stia realmente succedendo, quanto grande sia il pericolo, quanto estese siano le minacce che ormai incombono direttamente anche su di noi. È come se, nonostante l’allarmante evidenza dei fatti e dei presagi, avessimo scelto di minimizzare e di tirare avanti con qualche ipocrita e sempre più irritante esercizio retorico. Ci comportiamo come sonnambuli, ha tuonato il Censis nel presentare il suo 57° Rapporto sulla situazione sociale dell’Italia. Ciechi davanti al dramma. Le guerre che continuiamo a ignorare o alimentare ci hanno già tolto quel po’ di serenità che lunghi anni di crisi economica non avevano ancora distrutto ed è fin troppo facile prevedere che, da qui in avanti, tutto si farà ancora più difficile.

È triste e doloroso doverlo dire ma ignorare la realtà non ci aiuterà a sfuggire alle sue conseguenze. I responsabili di questo disastro non si fermano. Chi ci governa in Italia e in Europa ci ha già impoverito e pretende di togliere altre decine di miliardi di euro dalla cura della nostra salute e dei nostri giovani per riempire le casse dei costruttori di armi e dei mercanti di morte. Gli ideologi e i propagandisti della guerra necessaria e inevitabile, che se ne stanno comodamente seduti sul divano di casa loro, continuano, imperterriti e indisturbati, a manipolare fatti, parole e cervelli. Cos’altro potremmo fare se non ritrovarci, in tanti, il 25 aprile a Milano? L’appello della redazione del manifesto è provvidenziale. Indica una data inequivocabile e una piazza inclusiva. Questo è il tempo in cui tutte le donne e gli uomini che resistono al disumanesimo incalzante si devono ritrovare assieme in un luogo aperto e dunque inclusivo.

Non possiamo più sopportare da soli il peso di tutte le crudeltà e le ingiustizie che sentiamo e vediamo. Come Aldo Capitini il 24 settembre 1961 pensò di riunire i costruttori di pace in un giorno di festa, così la festa del prossimo 25 aprile è l’occasione per riunire tutte le donne e gli uomini che sentono l’urgenza umana e politica di alzare il volume delle sirene d’allarme e suscitare un’opposizione lucida e determinata. Non si tratta solo di dire un altro forte «no alla guerra» ma di ricostruire la capacità nostra e delle nostre istituzioni di «fare la pace». In un mondo fuori controllo, mentre tutto ci appare difficile, dobbiamo ridare valore alla pace che possiamo fare, in ogni momento, in ogni luogo, in ogni situazione. «Fare la pace». Saranno i nostri “gesti” e le nostre pratiche quotidiane di pace a rendere credibile e dunque contagiosa la nostra proposta e la nostra volontà di ricostruire una vera, autentica, politica di pace fondata sul ripudio attivo della guerra.

La Festa della Liberazione segnerà anche il culmine della IV «Settimana Civica» che il prossimo 19 aprile inaugureremo, nell’Aula Paolo VI della Città del Vaticano, insieme con Papa Francesco e seimila studenti, insegnanti, docenti universitari, sindaci, assessori all’insegna del motto «Trasformiamo il futuro. Per la pace. Con la cura». Investiamo sui giovani, diamogli l’opportunità di essere protagonisti. Il 25 aprile continuiamo a camminare per la pace. Camminando s’apre cammino.

(Da Il Manifesto)


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