Conflitti religiosi, economia e politica, amore e amicizia, giustizia, pregiudizi razziali, emarginazione, sono i temi scottanti che la penna del Bardo ha intrecciato superbamente con il consueto e raffinato gioco di parole, pensieri, azioni, nella tragicommedia Il mercante di Venezia, tratta probabilmente da una novella del Boccaccio, tessendo una vicenda ai limiti del paradossale, in cui un ebreo e un cristiano si scontrano, coinvolgendo amici, parenti, il Doge, al di là di ogni logica umana. Divisi dall’odio, accomunati da interessi economici, finiranno per scontrarsi sul filo di una legge che applicata ucciderebbe uno dei due o manderebbe in rovina l’altro. È un duello che riflette le lacerazioni di un’Inghilterra alle prese con le discriminazioni razziali. Spostare in Italia l’azione rendeva tutto più semplice. Ed eccoci a Venezia, città di incomparabile bellezza di cui in questa pregevole pièce, adattata e diretta da Paolo Valerio, vediamo solo un muro di mattoni che incombe sulla cupa scena, dotato di aperture che la movimentano e dividono in due piani, rivelando un secondo ambiente superiore, delineato da lastre d’acciaio. La figura di Shylock al centro della muraglia campeggia in controluce nella prima scena rivelando il suo assoluto protagonismo.
L’azione nasce da un atto d’amore di Antonio, abbiente mercante veneziano amico di Bassanio, innamorato della bella e ricca Porzia. Per aspirare alla sua mano però il giovane avrebbe bisogno di tremila ducati, una somma ingente che lui non possiede e che il suo amico Antonio gli offre generosamente, ma, non avendo con sé denaro liquido lo chiede in prestito a Shylock, mercante ebreo da lui palesemente disprezzato, come del resto dalla comunità cristiana. Shylock accetta, ma come penale stabilisce, qualora la somma non sia restituita, che entro tre mesi Antonio lo avrebbe pagato una libbra di carne, prelevata da una parte del suo corpo. “Per sport” dice l’ebreo. È infatti un gioco al massacro perché Antonio, a causa dell’affondamento delle sue navi cade in rovina e non dispone più della somma concordata. Intanto Bassanio con il prestito accordato ha conquistato il cuore della bella Porzia. Lo sposalizio suggella l’amore dei due giovani e contemporaneamente quello di Nerissa, ancella di Porzia con Graziano, fedele amico di Bassanio. Allo scadere dei tre mesi Shylock esige che la penale sia pagata. Inutili le richieste di clemenza degli amici e dello stesso Doge. Sarà Porzia a sciogliere il nodo, travestendosi da uomo, come la sua ancella, e presentandosi in veste di avvocato all’udienza, dove dimostrerà con arguzia ineccepibile che Shylock può estrarre la libbra di carne dal corpo di Antonio, ma senza versare una sola goccia di sangue.
L’ebreo è costretto a desistere dal suo proposito e verrà anche punito per avere attentato alla vita di un cristiano con il dimezzamento del suo patrimonio a favore di Antonio e con un’ammenda, che da buon cristiano Antonio chiede di annullare, purché l’ebreo si converta al cristianesimo. Un finale che sana evidentemente il conflitto a favore della fede cristiana. L’atmosfera giudeofobica dell’opera si concentra sulla disdicevole e disgustosa figura di Shylock, visto tradizionalmente come un usuraio crudele che aspira alla vendetta, ma nelle più recenti interpretazioni del testo, come in questa bella regia di Valerio, questa prospettiva viene bilanciata dalla violenza del suo antagonista che, generoso e disposto al sacrificio per amore, pretenderà tuttavia la conversione del suo nemico, calpestando la dignità della sua fede. Oggi infatti questo atteggiamento discriminante ci trova lontani, per una nuova sensibilità al tema del “diverso”.
Affiancato da un cast eccellente, Branciaroli mette mirabilmente in atto tutte le sue risorse attoriali e umane per incorporare il laido ebreo, esacerbato e afflitto dal disprezzo dei suoi concittadini, indurito dalla rabbia e divorato dal desiderio di essere amato e accolto, cogliendo il risvolto umano del personaggio fino alla compassione. Ritmi serrati, echi rinascimentali nei gesti e nei costumi sapientemente giocati con innesti contemporanei, presenza costante in scena degli attori, luci ed ombre che esaltano il chiaroscuro della vicenda rendono lo spettacolo attuale, coinvolgente, riportandoci, pur nella preziosità di un classico pregevolmente rivisitato, al dramma di un presente afflitto dal delicato tema dell’accoglienza dello “straniero”.
IL MERCANTE DI VENEZIA
di William Shakespeare
traduzione Masolino D’Amico
con Franco Branciaroli
Piergiorgio Fasolo, Francesco Migliaccio
e Emanuele Fortunati, Stefano Scandaletti, Lorenzo Guadalupi, Giulio Cancelli, Valentina Violo, Dalila Reas, Mauro Malinverno, Mersila Sokoli
regia e adattamento Paolo Valerio
scene Marta Crisolini Malatesta
costumi Stefano Nicolao
luci Gigi Saccomandi
musiche Antonio Di Pofi
movimenti di scena Monica Codena
si ringrazia per la collaborazione Laura Pelaschiar dell’Università degli Studi di Trieste
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Centro Teatrale Bresciano, Teatro de Gli Incamminati
Al Teatro Verga di Catania fino al 7 Aprile
Grande prova attoriale di Franco Branciaroli alle prese con Shylock, l’ebreo shakespeariano