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Diffamazione, ecco come siamo finiti in apertura sul sito di Reporters sans frontières

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E’ davvero solo una “fissazione” di alcuni e degli organismi di categoria dei giornalisti il timore di una deriva antidemocratica dell’Italia dovuta alle limitazioni al diritto di cronaca? Si tratta di una vulgata diffusa in Italia, anche presso autorevoli giornalisti (di cronaca bianca soprattutto). Ma è un’opinione tutt’altro che condivisa all’estero. Tanto che in pochi giorni il caso-Italia è stato analizzato da El Pais e poche ore fa anche da Reporters sans frontières che ha dedicato l’apertura del sito al “Divieto di esercitare la professione di giornalista” in Italia a causa dell’ultima proposta di elevare sanzioni pesanti nei casi di contestata diffamazione.
“Il progetto di riforma della legge sulla diffamazione, attualmente all’esame della Commissione Giustizia del Senato italiano, prevede, oltre all’aumento delle sanzioni, la scandalosa sanzione dell’interdizione dall’esercizio della professione ai giornalisti. Inoltre, una recente proposta mette in discussione l’abolizione delle pene detentive, inizialmente prevista dalla riforma. Reporter Senza Frontiere (RSF) esorta la maggioranza al potere a rispettare la raccomandazione contro le procedure SLAPP del Consiglio d’Europa e ad approvare una legge senza sanzioni detentive o sproporzionate”. 
Ecco cosa scrive l’associazione che si occupa di monitorare la condizione dei giornalisti nel mondo, specie nelle zone di guerra ma non solo. Il loro è un termometro della democrazia, un’analisi del livello di libertà di informazione effettiva anche nei luoghi di pace. E l’Italia in questa seconda sezione ci sta dentro fino al collo.
Di seguito l’articolo pubblicato poche ore fa sul sito di RSF.
“Sebbene il testo proposto nel gennaio 2023 da Alberto Balboni, senatore del partito di governo Fratelli d’Italia, abbia permesso di sancire finalmente in legge la giurisprudenza della Corte Suprema che abolisce le pene detentive per diffamazione – che potrebbero ammontare a sei anni – La partita per la libertà di stampa è lungi dall’essere vinta. Innanzitutto la pena detentiva per diffamazione mediatica – fino a quattro anni – rischia di essere mantenuta nella legislazione a seguito di un emendamento , svelato dai media l’11 aprile e presentato dal senatore di Fratelli d’Italia Gianni Berrino, mentre il la maggioranza al potere resta contraria in linea di principio. Poi, il disegno di legge di Alberto Balboni – appoggiato dalla maggioranza – introduce un’altra sanzione gravemente sproporzionata: l’interdizione dei giornalisti. Questa misura, che potrebbe durare fino a sei mesi, sarebbe in diretta contraddizione con il diritto internazionale e con gli impegni internazionali dell’Italia. Essendo il giornalismo soltanto l’esercizio professionale di una libertà fondamentale, quella della libertà di espressione, non può essere oggetto di divieti a priori . Questa sentenza sarebbe in particolare contraria alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e alle disposizioni del Patto internazionale sui diritti civili e politici”.

“Se il diritto di difendersi dalla diffamazione è legittimo, non deve imbavagliare la libertà di stampa. Il mantenimento delle pene detentive per questo reato, che è incostituzionale, è del tutto inaccettabile. Per quanto riguarda il divieto dei giornalisti introdotto dal disegno di legge di riforma, non solo è sproporzionato, ma è anche contrario alle raccomandazioni contro le procedure SLAPP del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea (UE). Esortiamo la maggioranza al potere a sostituire queste disposizioni che minacciano i giornalisti di autocensura con misure che tutelino il diritto all’informazione ispirate ai testi europei”, dichiara Pavol Szalai, responsabile del desk Unione Europea-Balcani di RSF.

Nell’articolo si sottolinea, tra l’altro come “il testo aumenta notevolmente l’importo delle sanzioni – che possono essere aggiunte agli eventuali danni – da circa 1.000 euro a una forbice compresa tra 5.000 e 10.000 euro. Una somma che può essere aumentata fino a 50.000 euro se l’autore del reato era consapevole della falsità delle informazioni pubblicate. Il 5 aprile il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato una raccomandazione per combattere le procedure SLAPP. Attraverso questo testo, l’organizzazione internazionale invita i suoi Stati membri, tra cui l’Italia, ‘a sviluppare strategie globali ed efficaci per combattere le cause legali contro la SLAPP‘. Tra i dieci indicatori non esaustivi, elaborati per identificare tale procedura, figura ‘ la natura sproporzionata, eccessiva o irragionevole dei rimedi richiesti’. Il testo chiede agli Stati di stabilire, tra le altre cose, garanzie strutturali e procedurali, inclusa la possibilità di un rapido rigetto delle denunce, nonché il sostegno alle vittime delle cause SLAPP. Questa raccomandazione è in linea con quella proposta dalla Commissione Europea nel 2021, alcune disposizioni della quale sono oggi giuridicamente vincolanti nel quadro della direttiva anti-SLAPP adottata dall’UE alla fine del 2023″.

(Foto dal profilo X di Pavol Szalai)

La mission di Rsf su https://rsf.org/fr

 


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