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“Buchi” nei dati sui beni confiscati, presentato il dossier di Libera

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Luci, ombre, ritardi, speranze, buoni esempi, lacune da colmare: c’è tutto questo nel rapporto RimanDati sulla situazione complessiva dei beni confiscati alla criminalità organizzata, presentato da Libera e realizzato in collaborazione con il Gruppo Abele e l’Università di Torino. Su 1073 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 681 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben sei comuni su dieci sono inadempienti pari al 63,5 % ( erano 62% nel primo report). Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia comprese le isole, con ben 400 Comuni che non pubblicano l’elenco, segue il Nord Italia con 215 comuni e il Centro con 66 comuni che non pubblicano dati. Non va meglio per gli Enti sovra territoriali: su 10 province e città metropolitane destinatarie di beni confiscati, il 50% non pubblica gli elenchi. Delle 6 regioni, solo 2 (Calabria e Piemonte) adempiono all’obbligo di pubblicazione (il 33,3%). Guardando più da vicino i numeri sulla trasparenza su 1.100 Comuni destinatari di beni immobili confiscati, monitorati da Libera,  724 pubblicano l’elenco sul loro sito internet, con una percentuale che tocca quota 65%. Un netto balzo in avanti rispetto al 2022, quando la percentuale era pari 36,5% (392 comuni su 1,073). Ma questo passo in avanti è molto piccolo e rivela la lentezza delle singole amministrazioni ad adeguarsi ai parametri di pubblicità dei beni e dei percorsi di acquisizione e riutilizzo. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai Comuni del Sud, comprese le isole, con 248 comuni che non pubblicano l’elenco, segue il Nord con 87 comuni e il Centro con 51 Comuni che non pubblicano dati.

A livello di singole Regioni, tra le più “virtuose” – quelle cioè che raggiungono o superano il 70% dei Comuni che pubblicano l’elenco – ci sono Liguria (87,5%), Emilia Romagna (84,4%), Puglia (79,8%) e Piemonte (78,2%). Il Lazio è invece tra quelle con percentuali al di sotto del 50%, con Sicilia, Basilicata, Calabria e Molise.
Il monitoraggio ha riguardato anche altre informazioni fondamentali sulla vita del bene confiscato: il 15% dei comuni non specificano i dati catastali, l’11% gli enti che non specificano tipologia, il 13% l’ubicazione e ben il 40% non specificano la consistenza (informazioni sulla metratura o sugli ettari del bene confiscato).
“Garantire che la filiera del dato sui beni confiscati sia trasparente -dichiara Tatiana Giannone, referente nazionale Beni Confiscati di Libera– vuol dire dare spazio al protagonismo della comunità e della società civile organizzata, che solo conoscendo può progettare e programmare nuovi spazi comuni. Alla conoscenza del patrimonio e del territorio, del resto, è strettamente legata la capacità di utilizzare i fondi pubblici (siano essi di natura europea o di provenienza nazionale) per la valorizzazione dei beni confiscati, nella fase di ristrutturazione e in quella di gestione dell’esperienza di riutilizzo. In questi quarant’anni dalla Legge Rognoni – La Torre e ventisei anni di attività della Legge num. 109, a fronte di importanti risultati raggiunti in termini di aggressione ai patrimoni delle mafie, della criminalità economica e della corruzione e a fronte delle sempre più numerose esperienze positive di riutilizzo sociale, non si deve abbassare l’attenzione sulle criticità ancora da superare e sui nodi legislativi ancora da sciogliere che richiedono uno scatto in più da parte di tutti. Il bando del PNRR e la nuova programmazione europea delle politiche di coesione saranno, quindi, un banco di prova importante per le istituzioni tutte, ma soprattutto per il potere di monitoraggio della società civile. Siamo consapevoli -conclude Tatiana Giannone di Libera– della complessità della materia e le difficoltà che gli Enti Locali sono costretti ad affrontare quotidianamente, sia in termini di carichi di lavoro che di risorse umane e di competenze a disposizione. Ma siamo convinti che, insieme, si possano e si debbano trovare le soluzioni utili a garantire la trasparenza. Con lo stesso spirito di costruzione e cooperazione, avanziamo alcune proposte politiche a partire dall’impegno dell’Agenzia nazionale nel supportare le amministrazioni comunali, riteniamo che si possa raggiungere una qualità del dato più alta usando dei modelli di elenco uguali per tutti; in questo modo la trasparenza diventerà veramente una pratica condivisa e partecipativa. Chiediamo che si possano progettare e realizzare dei percorsi di accompagnamento e formazione dei Comuni, soprattutto quelli più piccoli, per rendere i beni confiscati presidi di sviluppo sociale ed emancipazione per la comunità.“


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