Miserere nobis. “Misericordia” è il titolo emblematico, di questo intenso atto unico della regista palermitana, che unisce la miseria e il cuore in una parola sublime che suona come un’invocazione.
Tre puttane e un ragazzo ritardato mentale sono i protagonisti di una lacerante storia meridionale di violenza domestica, esplosa nello squallore e nella miseria morale e materiale di un monovano umido, sporco, tetro, dove però con tenero affetto materno le donne allevano l’orfano Arturo, figlio della defunta amica Lucia. Il bambinello era riuscito a colmare la loro disperata solitudine, nonostante il suo stato. Era nato, settimino e menomato, dalle botte del padre, un miserabile falegname che, rifiutando la gravidanza della donna, aveva scatenato la sua furia bestiale contro la pancia della futura madre, uccidendola a forza di botte.
La poveretta, prima di esalare l’ultimo respiro, riusciva a partorire, ma due ore dopo era morta. Accolto e allevato dalle prostitute che di giorno si prendevano cura di lui e la sera vendevano il loro corpo, ipercinetico e cresciuto solo nel corpo, irrefrenabile e ingestibile, il ragazzo è un dolce, innocuo, sfrenato danzatore e sognatore; aspetta alla finestra ogni giorno l’arrivo della banda per suonare la grancassa, ma verrà destinato dalle sue “mamme”, pur nello strazio del distacco, a un Istituto dove si prenderanno cura di lui e starà meglio che nel degrado e nella miseria in cui lo hanno cresciuto, almeno lo sperano. Anche loro sognatrici?
Denuncia sociale, sguardo duro e impietoso alla violenza di genere, forza dei sentimenti, fioriti nel marciume della povertà: questo è “Misericordia”, umanissima storia d’amore e di dolore. La pièce si avvale di una regia dai ritmi coinvolgenti, dove l’ironia si mescola all’orrore di una realtà che la Dante esplora con la consueta originalità artistica, infondendovi una incredibile energia pulsante, irrorata da interpreti eccellenti. Stupisce la presenza sinergica del danzatore Simone Zimbelli, con il suo movimento tellurico costante dall’inizio alla fine; nudo e con il pannolone ricorda un Cristo danzante che a tratti evoca i dervisci rotanti, in un mix di sacro e profano, come la menomazione di cui è portatore che l’attore ci restituisce con struggente precisione, traslando simbolicamente verso il mitico Pinocchio.
Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco e Leonarda Saffi, storiche attrici della Dante, tenere e spietate, sono irresistibilmente tragicomiche con i loro litigi miserabili per il cibo, le cure maternali, per poi esplodere all’improvviso in danze erotiche di corpi sfatti, al suono di musiche magrebine. La scenografia asciutta, quattro sedie in uno spazio vuoto, condita da pochi oggetti significativi, come il sacco di giocattoli, il cuscino, la copertina, il carillon, restituisce il rigore di una narrazione teatrale che non concede orpelli a una drammaturgia del corpo dove il linguaggio dialettale sfugge a volte alla comprensione, senza nulla togliere al senso di una vicenda che scuote ma che inevitabilmente ci cattura con la sua bellezza drammaturgica, mentre celebra l’amore come forza miracolosa.
MISERICORDIA
Scritto e diretto da Emma Dante
con Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi, Simone Zambelli
luci Cristian Zucaro
coproduzione Piccolo Teatro di Milano– Teatro d’Europa, Teatro Biondo di Palermo, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Carnezzeria.
Al Teatro Verga di Catania fino al 3 Marzo