“Dare notizie vere è un lavoro sempre più difficile”, ha scritto il direttore del “Domani“, Emiliano Fittipaldi, nell’editoriale in cui ripercorre i dettagli dell’indagine della Procura di Perugia sulle fonti di tre giornalisti del quotidiano e sugli stessi autori degli articoli. Tutta la squadra di giornalisti investigativi, Giovanni Tizian, Nello Trtocchia e Stefano Vergine sono indagati dalla Procura di Perugia per violazione del segreto istruttorio e accesso abusivo alla banca dati sulle operazioni finanziarie sospette (contestato ad un investigatore). I giornalisti de Il Domani rischiano fino a 5 anni di carcere. Qual è stata la loro colpa? Probabilmente quella di aver scritto di un Ministro, Guido Crosetto, il quale aveva annunciato querele ma poi ha invece chiesto di ci fosse una caccia alle fonti e, in sostanza, una distruzione del segreto professionale garantito ai giornalisti. Gli altri indagati di questa storia, impropriamente catalogata come una forma di ” dossieraggio”, sono il magistrato Antonio Laudati e l’ufficiale della guardia di finanza Pasquale Striano.
Tutto ha inizio con un articolo pubblicato da Il Domani sui sui compensi ricevuti dal ministro Crosetto dalla società Leonardo prima di entrare nel Governo. Se si va a guardare meglio quali sarebbero gli atti inviati dal finanziere ai giornalisti emerge che si tratta di documenti non riservati ma conosciuti alle parti e comunemente utilizzati da tutti i giornalisti di cronaca giudiziaria italiani proprio per essere il più aderenti possibili ai fatti. Ossia: ordinanze di custodia cautelare e informative delle forze dell’ordine già disponibili per i magistrati inquirenti e alle difese. In fondo si tratta di ciò che adesso la cosiddetta legge Costa vieta. In tale contesto si concretizza un disegno più ampio volto a tutelare i potenti da occhi e penne indiscrete dei cronisti e non, come dichiarato negli intenti, di assicurare la presunzione d’innocenza.
“Anche a costo di infrangere le regole continueremo a onorare l’articolo 21 della Costituzione, tentando di illuminare il buio dentro il quale pezzi del potere amano muoversi lontano da occhi indiscreti”, ha concluso Fittipaldi. E noi siamo d’accordo.
Va aggiunto che la buona informazione in Italia non può basarsi su violazioni (del segreto istruttorio, della privacy, della legge Cartabia, della legge Costa….). Non è questo che ci aveva chiesto l’Europa quando ci chiese di migliorare lo stato della giustizia in Italia.