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Nomine Rai, non aggirate il nuovo Freedom Act Ue

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Nei giorni scorsi Camera e Senato hanno pubblicato il bando per presentare le candidature al ruolo di Consigliere di amministrazione della Rai. Due persone saranno scelte da ciascun ramo del Parlamento, tra quanti presenteranno la loro candidatura, con voto limitato ad uno. Quindi, e almeno in teoria, due saranno scelti dalla maggioranza e due dall’opposizione. La ripartizione tra i partiti avverrà sulla base di accordi politici. Le candidature verranno esaminate molto superficialmente e si andrà direttamente ai nomi che interessano. Almeno così è sempre stato. Il Consiglio di sette membri è completato da un consigliere scelto dai dipendenti e dai due “pezzi forti” indicati dal Governo, attraverso l’Assemblea, e destinati a ricoprire, uno, certamente, la carica di AD e l’altro, probabilmente, la carica di Presidente. Quest’ultimo necessita del voto a maggioranza qualificata (due terzi) della Commissione parlamentare di vigilanza Rai. Questo sistema, introdotto nel 2015, dalla “Legge Renzi” (legge 28 dicembre 2015, n. 220), è in contrasto con le indicazioni della Corte costituzionale (sent.n.225 del 1974) ma è stato applicato ben due volte (2018 e 2021).

Come è noto nel nostro sistema le incostituzionalità possono essere fatte valere se qualcuno, che abbia titolo, faccia ricorso ad un giudice che voglia aprire la porta della Corte. Ora però sta per accadere qualcosa di molto importante. Il Parlamento europeo, una settimana fa, ha approvato il regolamento sulla libertà dei media, noto in inglese come European Media Freedom Act (EMFA). La deliberazione del Consiglio dell’Unione europea intervenuta il 26 marzo, con il solo voto contrario dell’Ungheria ha reso definitivo il testo definitivo che sarà successivamente pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea ed entrerà in vigore dopo venti giorni.  Per quanto riguarda specificamente i media di servizio pubblico, l’EMFA dispone all’art. 5 (2) un preciso obbligo in capo agli Stati membri: quello di assicurare procedure, per la nomina ed il licenziamento del direttore o dei membri degli organi direttivi dei fornitori di media di servizio pubblico, che garantiscano l’indipendenza di questi ultimi. Tali procedure devono essere trasparenti, aperte, efficaci, non discriminatorie; e devono fondarsi su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati, prestabiliti a livello nazionale. La stessa norma si occupa anche del finanziamento del servizio pubblico e dispone che le fonti di finanziamento vadano ancorate a criteri trasparenti e oggettivi stabiliti in anticipo. Anche queste disposizioni si pongono in evidente contrasto con il nostro attuale sistema di finanziamento Rai (canone a 70 euro ed elargizione di 430 milioni con legge di bilancio). Ma questo è altro problema del quale ci occuperemo in altro momento. Una volta entrato in vigore il testo, sono disposti termini scorrevoli per l’effettiva operatività delle singole disposizioni. L’art. 5 è tra gli articoli che si applicheranno solo dopo quindici mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento. Forse qualcuno facendo leva proprio su questo differimento potrebbe aver pensato di “farla franca”. Come in passato si è pensato di poter trascurare il dettaglio dell’incostituzionalità, così oggi qualcuno potrà aver fatto questo ragionamento: se facciamo le nomine prima dell’operatività dell’European Media Freedom act potremo andare esenti da quell’effetto differito. Una sorta di vistoso strabismo. Le cose non sembrano stare così. A partire dal quindicesimo mese previsto per l’adeguamento al Regolamento europeo ogni situazione difforme sarà automaticamente illegittima rispetto ai nuovi principi, con tutte le conseguenze che l’ordinamento europeo comporta. Per evitare un’evidente delegittimazione dei nuovi vertici si consiglia vivamente a tutti coloro che abbiano la responsabilità del rinnovo del Consiglio Rai (Camere, Governo, Rai) di procedere secondo un metodo che anticipi le regole contenute nell’art.5 dell’EMFA che sia cioè “trasparente, aperta, efficace, non discriminatoria, e basata su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati, prestabiliti a livello nazionale”.

A cominciare dalla Camera e dal Senato, si adotti un sistema di istruttoria approfondita (affidato per esempio alla Commissione di vigilanza Rai) delle candidature che verranno presentate e si porti al voto del plenum una “rosa” di nomi, selezionata sulla base delle migliori competenze e debitamente motivata. Il voto sarà a quel punto proporzionato, trasparente e non discriminatorio.

Un tale metodo potrà essere adottato, con le dovute proporzioni, anche da parte degli altri soggetti investiti della decisione.

Questo sarebbe un percorso ispirato ad un prudente senso di opportunità ed un modo serio di anticipare l’Europa.

(Da Il Fatto)


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