Indignazione umana, prima ancora che indignazione politica. È quella che dovremmo provare tutti noi italiani garantiti dalla Costituzione verso quei rappresentanti istituzionali e politici che ancor oggi, a 80 anni dalla strage della Fosse Ardeatine, cercano di negare la corresponsabilità fascista in quello spaventoso eccidio perpetrato con cinismo, disprezzo, odio. Quanti uomini e donne – ebrei, antifascisti, liberali, cattolici, comunisti, militari italiani, prigionieri politici e comuni – vennero inseriti negli elenchi dei condannati a morte dal fascistissimo questore di Roma, Caruso? E quanti combattenti per la libertà o semplici cittadini democratici vennero segnalati dai fascisti della città? Strappati alla quotidianità, alle famiglie, alle loro comunità senza avere alcuna colpa per essere consegnati agli assassini in divisa nera o grigia. Quanti nonni, padri e madri, figli innocenti vennero strappati alla vita dai servi fascisti della brutale oppressione nazista? Indignazione umana, quindi per quei lontani parenti di tutti noi italiani che oggi viviamo convinti l’orgoglio di essere democratici grazie alla lotta dei partigiani antifascisti. Tutti noi? Pare proprio di no, viste le dichiarazioni offensive per la storia e per quei 335 morti innocenti da parte di rappresentanti politici e istituzionali. Che lo faccia il partito che intende come Fratelli d’Italia – titolo usurpato dall’inno nazionale – solo quelli che in esso si identificano, una democrazia potrebbe anche sopportarlo. Ma che lo facciano due dei massimi rappresentanti istituzionali come la Presidente del Consiglio e il Presidente del Senato – non bisogna mai dimenticare che hanno giurato fedeltà alla Costituzione antifascista – beh, credo che sia proprio intollerabile.
Per loro dire, l’eccidio delle Fosse Ardeatine fu colpa solo dei nazisti occupanti. E i fascisti? Neanche un cenno. È vero che lo stesso La Russa arrivò lo scorso anno ad affermare che i nazisti del reggimento ‘Bozen’ colpiti nell’attentato partigiano di via Rasella – da cui derivò la rappresaglia-vendetta ordinata dai generali Kesserling e Kappler con la complicità del questore Pietro Caruso – erano poco più che suonatori di una banda musicale. E si pensava ad una provocazione. Oggi c’è la totale conferma che se dipendesse da La Russa, dalla Meloni e dal loro partito l’antifascismo dovrebbe essere cancellato dalla storia e dal vocabolario.
Ecco perché non basta l’indignazione politica. Quel silenzio è un’offesa alla memoria delle vittime, di quelle povere 335 persone mandate ad un massacro indistinto, calpestando le loro fedi, i loro impegni, i loro rapporti affettivi. Quel silenzio non può passare ancora una volta inosservato, come se si trattasse di una qualsiasi omissione irrilevante. È un ulteriore tradimento non solo della nostra memoria collettiva, ma della condivisione umana di tutto un popolo.