Nella giornata del corteo più bello e più forte, quello di “Libera” per ricordare le vittime di tutte le mafie, dopo le giornate emozionanti in ricordo dei 30 anni dall’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Krovatin, la parola più importante nei confronti del sindaco di Bari, Antonio Decaro, l’ha pronunciata Don Ciotti, abbracciandolo fortissimo: “E’ la tua vita che parla per te!”.
E’ difficile per un giornalista parlare di fatti che in gran parte devono essere accertati giudiziariamente, ma è doveroso riassumere i passaggi di una vicenda che ha le caratteristiche di una sorta di squadrismo di stato che vede le istituzioni totalmente asservite alla volontà di un solo schieramento politico da un governo che ignora, consapevolmente e volontariamente, ogni etica istituzionale. Da sedici mesi assistiamo ad un governo che vuole comandare, asservire le istituzioni, distruggere la separazione dei poteri, perseguitare gli avversari politici, non rispettare alcun organismo terzo di controllo. Pensiamo agli insulti alla Corte dei Conti che dimostra con dati e numeri gli errori sul PNRR, pensiamo alla legge bavaglio approvata e a quella sul controllo sempre maggiore sui magistrati che sarà presto approvata. Siamo oltre la “democratura”.
Il caso di Bari viene riassunto molto bene dalle agenzie che mettono in fila i fatti. Martedì sera il sindaco di Bari ha dato notizia che il Viminale ha aperto una procedura nei confronti del comune che potrebbe portare anche al commissariamento, a seguito di una indagine e un’operazione di polizia.
In occasione della conferenza stampa per illustrare l’indagine, il procuratore di Bari, Roberto Rossi, ci tenne ad escludere il coinvolgimento del sindaco Antonio Decaro. “Quando si parla di condizionamento elettorale – disse – si rischia di pensare che tutto sia inquinato. C’è stata una parziale e circoscritta attività di inquinamento del voto all’interno delle comunali del 2019 su cui l’amministrazione ha saputo rispondere”, e “abbiamo accertato l’insussistenza del coinvolgimento del sindaco Decaro”. Fin qui i fatti più importanti e dati concreti.
La maxi inchiesta è datata 26 febbraio e conta 137 arresti tra i quali imprenditori e mafiosi che avrebbero inquinato il voto ottenendo poi favori e appalti soprattutto nel settore del trasporto pubblico. L’inchiesta non ha particolare rilievo se non nel capoluogo pugliese, dove uno degli imprenditori è molto conosciuto e anche sua moglie, eletta al comune con il centrodestra ma dopo alcuni mesi passata nella maggioranza che governa il comune.
E allora scatta l’operazione di undici parlamentari di Forza Italia e Fratelli d’Italia, sottosegretari inclusi, che chiedono al ministro dell’interno di intervenire. E Piantedosi esegue, come sempre.
L’annuncio è dello stesso sindaco Decaro, che spiazza il Viminale e dichiara alla stampa che il ministero ha avviato un accesso ispettivo nei confronti del comune di Bari. Nelle stesse ore compaiono post di alcuni parlamentari pugliesi che scrivono “andiamoci a riprendere Bari”. Parole da Gomorra, come sottolinea Decaro, che si dimostra, come da dieci anni sanno i baresi, uomo che non si arrende mai. Aveva le lacrime agli occhi, è vero. Ma con fermezza dichiara che quello del ministro è un atto di guerra che richiese una legittima difesa della città di Bari e del comune che da anni combatte la mafia a testa alta. E aggiunge: “Questa è una mossa del centrodestra per inquinare la campagna elettorale e fare annullare la partita.” Insomma, il ministero dell’interno usato come un manganello contro uno dei più popolari esponenti dello schieramento avversario per evitare una sconfitta elettorale data per certa in Puglia. La stessa Puglia dove, nel resort della famiglia Melpignano, uno degli imprenditori pugliesi coinvolto e condannato per tangenti, si svolgerà il G7 proprio a giugno.
Non occorre aggiungere altro, se non che Decaro è sotto scorta per le minacce mafiose da nove anni, e ora chiede di rinunciarci. In queste ore è sommerso dalla solidarietà dei social, di tutto il centrosinistra, perfino di alcuni sindaci di centrodestra. Sabato a Bari in migliaia manifesteranno in sua difesa. Ciascuno, come sto facendo io scrivendo tutto questo, si assumerà le proprie responsabilità nei confronti di un governo che, eletto legittimamente, consuma ogni giorno un progressivo attacco alla Costituzione su cui ha giurato.
Ma la risposta più forte a questo asservimento delle istituzioni agli interessi di parte (istituzioni assenti alle iniziative di “Libera” naturalmente) è proprio quell’abbraccio di Don Ciotti a Decaro.