Non sono solo parole, è un fatto. Che a Padova 250 studenti ( e molti normali cittadini) si iscrivano a un corso universitario impegnativo di 3 mesi costellato da incontri, lezioni, dibattiti, mostre è sicuramente un evento. Se poi si considera il titolo “Pace e trasformazione nonviolenta dei conflitti” la vicenda assume un significato civile ancora maggiore. Significato che ovviamente sfugge ai “grandi media” che in questi anni di “guerra diffusa e permanente” mai hanno dato visibilità al mondo dell’attivismo e della ricerca che prova a costruire un’altra prospettiva rispetto alla “narrazione bellicista” che presenta morte, distruzione, sofferenza, boom delle spese militari come nostro destino inesorabile. Tutte le indagini demoscopiche dicono che il popolo italiano è per la soluzione diplomatica dei conflitti, non siamo mai stati guerrafondai ma le élite che controllano finanza e comunicazione politica oscurano questa dimensione, la cancellano dal dibattito pubblico. Ma come spesso accade in casi del genere ( la storia è fatta così) la realtà è testarda. Così il 2 marzo centinaia di giovani hanno impegnato il loro sabato pomeriggio in un incontro dedicato a “L’informazione per la pace in tempo di guerra” nell’Aula Nievo del Bò sede centrale dell’Ateneo Patavino. Con il professor Marco Mascia del Centro Diritti Umani dell’Università di Padova, motore del Corso, hanno affrontato il tema Giuseppe Giulietti, Ivan Grozny Compasso, Claudio Locatelli e chi scrive. Rispetto a altri appuntamenti del genere la differenza è che qui non si trattava di promuovere un libro (magari meritorio) o di confrontarsi fra colleghi ma di sviluppare riflessioni e proposte utili al dialogo col mondo della ricerca, dello studio, dell’attivismo. La guerra è stata svestita da tutte le cortine fumogene che la ricoprono. E’ fatta, come ci hanno insegnato i più grandi scrittori, di fango, sangue, massacri, è il vertice della disumanità. L’informazione di pace parla di questo, denuncia chi investe sulle armi e realizza enormi profitti, mette al centro le vittime, si chiede dove sia finita la diplomazia, dimostra come le guerre contemporanee non risolvano nulla, mettano in stallo la comunità internazionale, diventino infinite. L’altro orizzonte è quello della cooperazione, della collaborazione fra i popoli. Una dimensione che la Rete delle Università italiane per la pace ci ricorda che non potrà mai essere cancellata. Si cessi il fuoco, subito, ovunque, prima che divori il pianeta.