A cinque anni dallo stupendo “Lazzaro felice”, Alice Rohrwacher delude con un film tanto ambizioso quanto irrisolto. La vita di Arthur, tombarolo inglese operante a Roma, è intrisa di realtà sottoproletaria (il mondo della Rohrwacher è quello di Pasolini ma anche e soprattutto di Sergio Citti), simbologia arcaica di un mondo sepolto e violato nella sua sacralità (la statua che sorvola il cielo cita il Cristo felliniano de l’incipit de “La dolce vita”, come pure chiaramente ispirati a “Roma” sono i colori cangianti degli affreschi quando vengono scoperchiati. Senza trascurare i riferimenti a “Faustina”, film d’esordio di un regista romanesco per eccellenza, Luigi Magni, forse il punto di partenza di tutta la trama dell’opera della regista toscana), sogni poetici e chimerici che si fondono continuamente con un vissuto sospeso tra vita, morte e mito. Sì, i temi sono tanti e tutti importanti. Manca, però, a differenza degli altri film della Rohrwacher, il collante della poesia. Il film intreccia le varie tematiche, illustrate da una splendida fotografia, che ci regala una preziosa memoria inizi anni ’80, senza riuscire ad “animarle”, se non in qualche singola sequenza o nel gesto di qualche suo protagonista (vedi l’incantevole interprete brasiliana Carol Duarte). Tanto “Lazzaro felice” arrivava dritto al cuore perchè viveva di una spontaneità che sgorgava copiosa da una cinepresa che riusciva a cogliere i tratti essenziali del suo protagonista, così forti e per questo capaci di moltiplicarsi all’infinito negli occhi dello spettatore, tanto qui la Rohrwacher continua ad interrompere e penalizzare con i vari intrecci, peraltro mancati, proprio questa sua antica capacità di muoversi magistralmente nelle pieghe dell’animo umano colto nel suo stesso farsi. E’ come se l’accavallarsi di tutti i succitati temi rendesse il film privo di vita, soffocato dalla preoccupazione di dare un senso unitario ad una storia che, invece, avrebbe voluto godere di una assoluta libertà. Spiace davvero, un’occasione mancata per confermare un grande talento che non mancherà di regalarci ancora opere importanti, inevitabilmente.