Le elezioni portoghesi di domenica segnano la fine del ciclo socialista, dopo quasi nove anni di governo di António Costa, e sanciscono una svolta a destra di importanti proporzioni. Anche se il Partito socialista (Ps) resta, per appena duemila voti, davanti alla coalizione di centrodestra di Alleanza democratica (Ad), il segno del voto è dato dal successo di Chega! (Che si può tradurre con Basta!), il partito di estrema destra che consolida la terza posizione, moltiplica per 2,5 i voti e quadruplica i seggi. Restano da assegnare i seggi dei residenti all’estero ma il risultato, che si saprà la prossima settimana, non dovrebbe modificare le cose. Il Portogallo è una repubblica semi-presidenziale, composto da un presidente, il capo dello stato, eletto direttamente, e un primo ministro, che ottiene la fiducia al
parlamento, investito dal capo dello stato che nella prassi sceglie il leader della lista più votata. Il voto ha riguardato i 230 deputati dell’Assemblea della Repubblica, unica camera parlamentare, eletti in liste bloccate su base proporzionale senza soglia di sbarramento ma con il sistema D’Hondt per la ripartizione dei seggi. Su 22 circoscrizioni elettorali, 18 sono su base provinciale, due corrispondono alle regioni autonome di Azzorre e Madeira, due ai residenti all’estero, Europa e resto del mondo, che eleggono due deputati ciascuna. Al voto si è giunti con lo scioglimento del parlamento da parte del capo dello stato, Marcelo Rebelo de Sousa, in seguito alle dimissioni in novembre del capo del governo, il socialista Pedro Costa, coinvolto in un’inchiesta per presunti fatti di corruzione. Cominciamo coi numeri, col 99,01% dei seggi scrutinati (mancano appunto i seggi esteri). Alta la partecipazione, quasi 11 milioni di elettori, pari al 66,23 degli aventi diritto, oltre 13 punti superiore rispetto al 2022, quando votò il 51,42%. I socialisti, guidati da Pedro Nuno Santos, sono i grandi sconfitti, passando dalla maggioranza assoluta di 120 seggi (su 230) del 2022 a 77, dal 41,68% al 28,66% e da 2.246.637 voti a 1.759.998. La coalizione di centro destra di Ad, guidata da Luís Montenegro, ne ottiene 76, pari al 28,63% per 1.758.035 voti (erano 27,81%, 1.498.655 voti e 71 seggi). Decolla l’estrema destra di Chega, guidata da André Ventura, che si consolida come
terza forza col 18,06% e 48 seggi, sfondando il muro del milione dei voti (1.108.797, nel 2022 furono 385.573, il 7,15% con 12 seggi.
Dietro alle prime tre liste, con grande distacco, altre formazioni ottengono rappresentanza parlamentare. Iniciativa Liberal (Il) ottiene il 5,08% e 8 seggi con 312.064 voti (stessi seggi, il 4,98% e 268.414 voti nel 2022). Stabile il Bloque de Izquierda (Be), con 5 deputati, il 4,46% e 274.029 voti (era il 4,46%, 240.272 voti e 5 seggi). Scende l’alleanza tra comunisti e ecologisti Pcp-Pev, col 3,30%, 202.325 e 5 seggi (era il 4,39% per 236.645 e 5 seggi). Cresce Izquierdas Livre (L) che con 199.888 voti, pari al 3,26%, ottiene 4 deputati (ne aveva uno, con 68.975 voti, pari all’1,28%). Confermano il seggio in crescita di voti gli animalisti di Pessoas – Animais – Naturez (Pan), 1,93%, 118.579 voti (era l’1,53% e 82.252 voti). Da segnalare il risultato della coalizione Ppd/Psd.Cds-Pp dell’arcipelago di Madeira che non ha partecipato a Ad perché contraria alla presenza di una lista monarchica ma il cui forte consolidamento territoriale consente, malgrado un grande scandalo amministrativo, di portare a casa 3 seggi, con lo 0,86% e 52.992 voti Altre 12 liste si spartiscono circa 250 mila voti, pari al 4,1%, senza ottenere seggi. Tra queste merita di essere menzionata Alternativa Democrática Nacional (Adn), formazione euroscettica, antivaccinista e filo-russa, perché conferma l’auge dell’estrema destra decuplicando i suoi voti, da 10 mila (0,19%) nel 2022 a 100.051 (1,63%). Luís Montenegro guiderà quasi certamente un governo di minoranza di Ad, che col Ps ha un accordo per escludere l’estrema destra che dovrebbe portare all’astensione socialista. Difficile che il Ps giochi la carta di primo partito per chiedere l’investitura al capo dello stato, come ha già fatto intendere Nuno Santos. Malgrado i blocchi siano quasi alla pari la destra è avanti e il varo di un governo di minoranza socialista probabilmente non vedrebbe l’astensione di Ad, rendendo probabile il terzo voto in appena due anni. Ipotesi remota, invisa a Bruxelles, ma che ci dice della debolezza del quadro politico portoghese che sino a poco fa rappresentava, invece, un modello di stabilità. Un modello crollato in due anni. La conquista della maggioranza assoluta di Pedro Costa, oltre a consolidare la penisola iberica come bastione delle sinistre europee, fu vista in Europa con favore. Costa aveva già imposto ai soci di governo l’appoggio esterno. Trattare in parlamento sembrava funzionare meglio che farlo in Consiglio del ministri. Con l’insperato risultato del 2022 si liberava di alleati troppo a sinistra e il suo socialismo moderato rassicurava anche il centrodestra europeo. Ma l’autonomia politica socialista ha prodotto il periodo di maggiore instabilità, col governo che ha arrancato ben più di quando doveva mettere insieme la sua litigiosa maggioranza parlamentare — a dire che, forse, in questa fase storica, i governi più solidi sono quelli frutto di alleanze, di governo o parlamentari, in grado di esprimere una sintesi nell’elaborazione politica —. Una serie di scandali ha flagellato l’esecutivo, culminata nel caso di presunta corruzione che ha toccato il cerchio più stretto di Costa, mettendo, in un primo momento, il suo nome nella lista degli indagati e portandolo a presentare le dimissioni, il 7 novembre scorso. La Procura accusò erroneamente il capo del governo, scambiandolo, nella trascrizione delle intercettazioni alla base dell’apertura del fascicolo, col ministro dello Sviluppo economico del suo governo, il quasi omonimo António Costa Silva. Invano i socialisti chiesero di tornare indietro al capo dello stato, il conservatore Marcelo Rebelo de Sousa. Preferì indire nuove elezioni — del resto, un capo dello stato eletto, guarda legittimamente alle convenienze della propria parte politica —. Il successo delle destre, e in particolare degli estremisti della Chega, oltre al naturale esaurimento dei cicli politici, ha anche altre spiegazioni e tutti gli attori politici portano qualche responsabilità. A cominciare dallo stesso Costa che conquistò l’insperata maggioranza assoluta del 2022 anche lanciando l’allarme
dell’estrema destra per attrarre il voto utile, dalla sua sinistra e dall’elettorato moderato. La Chega e Ventura divennero protagonisti del dibattito mediatico-politico. La scelta del Ps del successore di Costa nella figura dell’ ex ministro delle Infrastrutture, Pedro Nuno Santos, che aveva abbandonato il governo per uno scandalo su indennizzazioni d’oro nella Tap, la compagnia aerea di bandiera, neanche è stata brillante, fornendo alla Chega carburante propagandistico. Delle difficoltà socialiste non hanno approfittato le altre sinistre. Il Bloco de Esquerda ha mantenuto le posizioni ma le aspettative erano alte, anche perché la leader Mariana Mortáguase era figura in ascesa. La competizione con la nuova formazione Livre di Rui Tavares, ha indebolito quel campo, trascinato in basso
anche dalla caduta dei comunisti. La figura di Paulo Raimundo, che è solo il terzo segretario del partito in sessant’anni, rappresenta bene una formazione fossilizzata e con sempre meno attrattiva elettorale, i cui votanti sembrano avere in alcuni territori contribuito al risultato della Chega! Anche nel centrodestra gli sconfitti del 2022 hanno favorito l’estrema destra, non intraprendendo dopo il voto un vero rinnovamento. Il Partito socialdemocratico (Psd) scelse come capo dell’opposizione Luis Montenegro, che fu uno sbiadito portavoce parlamentare del gruppo durante il governo del suo compagno di partito, Pedro Passos Coelho, poco conosciuto e con scarso carisma. Sarà capo del governo ma certo il Psd non ha brillato, pur nel generale avanzare delle destre. In un contesto segnato dall’aumento dei prezzi dei prodotti base e della casa, frutto del successo portoghese che ha attirato residenti da mezza Europa con potere d’acquisto più alto dei portoghesi, dalle tensioni internazionali, dai problemi del cambiamento climatico, con gli incendi e problemi per l’agricoltura, Ventura, abile demagogo formato alla scuola delle trasmissioni televisive sul calcio, ha trovato il terreno ideale. Sulla sua figura merita soffermarsi. Ha una laurea in giurisprudenza presso l’Universidade Nova de Lisbona e un dottorato in diritto pubblico presso l’University College Cork, in Irlanda. Attualmente è professore assistente presso l’Universidade Autónoma di Lisbona e professore ospite presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Universidade Nova de Lisbona, dove ricopre anche il ruolo di vicedirettore del master in Diritto e Sicurezza. Ha un’ottima conoscenza dell’inglese, dello spagnolo, dell’arabo, del francese e dell’ebraico. È stato un commentatore televisivo, tifoso del Benfica, ed è passato dal calcio alle tesi politiche di destra, mettendo nel mirino zingari, immigrati e portoghesi di colore, promuovendo politiche securitarie, attaccando l’aborto e le donne che vi fanno
ricorso. È stato candidato del Psd e del Cds-Pp alla presidenza del consiglio comunale di Loures, alle elezioni del 2017. Nel 2019 ha fondato Chega! che si presentò alle europee senza ottenere seggi, lo stesso anno conquistò il primo seggio parlamentare nelle elezioni politiche. Con una piattaforma politica ultra liberale, nazionalista e conservatrice, ma non contraria all’Unione europea, il partito
propone l’abbassamento delle tasse, un ridimensionamento non solo numerico del parlamento, l’innalzamento delle pene e la cessazione degli aiuti ai disoccupati. Nel 2020 si è candidato alle elezioni presidenziali, con l’appoggio esplicito di Marine Le Pen, arrivato terzo con l’11,9%. Vuole esser protagonista dei movimenti in atto nel centro destra europeo e lavora per portare Le Pen e Meloni a un accordo col Ppe di Manfred Weber. Montenegro formerà il governo ma il primo scoglio sarà quello dell’approvazione
del Bilancio, per il quale i socialisti non saranno disponibili a aiutare il governo, anche perché Nuno Santos si spinge più a sinistra di Costa, per allontanare gli spettri della sua esperienza ministeriale. Essendo difficile anche l’accordo con Ventura, il futuro che si profila è quello di un ritorno alle urne nel 2025. Ma non è detto. Anche la gerinonça, l’aggeggio, la coalizione delle sinistre del 2015 sembrava
destinata a vita breve e iniziò invece un ciclo che ha visto le sinistre, e Pedro Costa, governare per quasi nove anni e la stabilità portoghese diventare un modello europeo. Questa volta, però, la stabilità dovrebbe passare per un accordo con l’estrema destra. Che, nella dimensione europea e nella linea di Weber, potrebbe diventare possibile.