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Atenei mobilitati per Gaza e la ministra pensa di mandare la polizia

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Sale ancora la tensione negli atenei italiani dopo quanto accaduto tra studenti e polizia alla Sapienza di Roma dove era stato occupato il Rettorato per chiedere la rescissione di collaborazioni con gli atenei israeliani in sostegno a Gaza. Ora la sede è stata liberata ma, a  latere, arriva l’iniziativa della ministra dell’Università, Anna Maria Bernini che, di fatto, annuncia un intervento della polizia negli atenei. Intanto la Rettrice de La Sapienza, Antonella Polimeni,  ha condannato l’accaduto ma ha anche fatto sapere che l’Ateneo è “disponibile, come sempre è stato, a portare in discussione eventuali istanze della Comunità studentesca, purché queste giungano in modo condiviso attraverso la propria rappresentanza negli Organi e non ledano i principi democratici e i diritti e le libertà altrui.  La Sapienza riconosce quali strumenti di comunicazione e di decisione quelli definiti dalle leggi e dai regolamenti, informati dalle norme di convivenza civile che guidano il Paese. Lo Statuto di Sapienza dota l’Ateneo di organi decisionali composti dai rappresentanti eletti delle diverse componenti della Comunità accademica, che portano negli Organi la voce e le opinioni dei soggetti rappresentati».

La vera novità però è rappresentata da quanto riportato dall’Ansa, ossia dalla telefonata della Ministra Bernini al capo della Polizia, Vittorio Pisani con il quale si confronterà nei prossimi giorni. Al centro del colloquio, la situazione all’interno degli atenei. L’incontro con Pisani servirà sia per fare una ricognizione sul livello di allarme raggiunto nelle università sia per una valutazione sui modi più opportuni per intervenire allo scopo di coniugare libertà e sicurezza all’interno degli atenei. Né lassismo, né militarizzazione: questo è l’approccio che si registra davanti al crescendo di episodi di violenza nelle università.
“Non da oggi varie proteste studentesche e momenti di tensione stanno attraversando molti atenei del nostro Paese, non solo per le condizioni materiali e di studio in cui sono costretti gli universitari, ma anche per un’altra questione che deve essere affrontata: la militarizzazione del mondo dell’istruzione, tema su cui noi di Alleanza Verdi e Sinistra siamo mobilitati da mesi insieme a tante associazioni che ci hanno segnalato decine di episodi. È ormai arrivato il tempo che l’intero mondo dell’istruzione e della ricerca pubbliche restino fuori dai progetti che implicano una collaborazione con l’industria degli armamenti o con le forze armate“.
Lo afferma Elisabetta Piccolotti dell’Alleanza Verdi Sinistra.
“Non sono necessarie lezioni di esponenti dell’esercito – prosegue la parlamentare rossoverde della commissione cultura di Montecitorio – nelle scuole, e non è necessaria la presenza di rettori e autorità accademiche nelle fondazioni delle imprese che producono armi. Le università e le scuole italiane debbono tornare a promuovere la cultura della pace e della risoluzione non violenta dei conflitti politici. Le strutture dell’università mettano piuttosto le loro competenze a disposizione del nostro corpo diplomatico, delle istituzioni di diritto internazionale, dei centri di ricerca indipendenti sulle questioni geopolitiche, e dell’intero mondo della cooperazione internazionale, compresi quei soggetti del terzo settore che operano per portare aiuti umanitari e per salvare vite umane.
Cercare la strada per la pace, questa deve essere la missione che affidiamo alle migliori menti del Paese. Questo è il compito dei nostri atenei fin dai lontani anni del Medioevo. Anche per questo – conclude Piccolotti – troviamo del tutto fuori dal mondo e irrituale la richiesta che la ministra dell’Università ha rivolto al capo della polizia affinché si intervenga negli atenei. Aumentare il livello di tensione da parte delle Istituzioni è un grave errore e un segnale profondamente sbagliato”.
Questa storia va avanti da settimane: in  molte università italiane gli studenti premono perché sia dato un segnale ad Israele, tramite appunto  l’interruzione della cooperazione scientifica. Il culmine della protesta e, in qualche modo l’obiettivo, lo si è raggiunto a Torino. Il 19 marzo scorso il Senato accademico a maggioranza (due astenuti e un voto contrario) ha approvato la mozione che vieta la partecipazione al bando MAECI 2024 di collaborazione con università ed enti di ricerca israeliani. E’ stato il primo ateneo in Italia a prendere una decisione del genere, con questa motivazione: “Il Senato accademico dell’Università ritiene non opportuna la partecipazione al bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, visto il protrarsi della situazione di guerra a Gaza”.


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