Assange, l’Alta corte di Londra rimanda al 20 maggio ma si affida di nuovo alle “assicurazioni” degli Usa
Mentre leggete questo post, Julian Assange non si trova in una prigione di massima sicurezza negli Usa e questa è una buona notizia, dato che tra gli scenari possibili, una volta reso noto il verdetto dell’Alta corte di Londra, c’era anche questo. Fine delle buone notizie.
I due giudici hanno ritenuto fondato solo per un terzo l’appello della difesa di Assange. Hanno ritenuto infondata la persecuzione per motivi politici in atto nei suoi confronti. Idem riguardo ai rischi per la sua salute che deriverebbero dall’estradizione.
Hanno invece ritenuto plausibili i rischi legati al possibile diniego del ricorso al Primo Emendamento della Costituzione Usa (quello sulla libertà d’espressione), al possibile mancato godimento di un cittadino straniero delle garanzie che le procedure statunitensi prevedono per i loro cittadini e, infine, a una possibile condanna a morte.
L’Alta Corte ha dato agli Usa tempo fino al 16 aprile per fornire assicurazioni che quei rischi non ci saranno e che i diritti di Assange saranno rispettati. Il tutto sarà preso in considerazione il 20 maggio in una nuova udienza.
In sintesi, l’Alta corte non ha smentito l’intenzione di estradare Assange. Ha solo dato agli Usa un’opportunità in più di rassicurarla.
Un passaggio della sentenza mette i brividi: “L’estradizione porterebbe alla custodia legale di Assange negli Usa, pertanto le ragioni di una rendition [ossia, di un trasferimento illegale], di un rapimento o di un assassinio verrebbero meno”.