Quante (altre) cose accadono mentre va in onda a reti quasi unificate il Festival della canzone italiana.
La chiusa inchiesta sulle torture nel carcere di Reggio Emilia racconta l’altro mondo, quello dei detenuti. Fra le prove prodotte dalla Procura e adesso a disposizione di tutte le parti c’è un video che rimanda alla durissima realtà di molti istituti di detenzione italiani, nel caso di specie quello di Reggio Emilia. Nel video, registrato dalle telecamere di sicurezza interne, si vede un detenuto colpito e messo a pancia a terra con uno sgambetto mentre era incappucciato con una federa e poi ancora picchiato ripetutamente con pugni al volto e ai fianchi.
Un vero e proprio pestaggio, al difuori di tutti i protocolli di sicurezza, subito il 3 aprile scorso in un corridoio del carcere di Reggio Emilia da un 40enne detenuto tunisino, che adesso è parte offesa nel procedimento a carico di 10 agenti, otto dei quali accusati di tortura. Il gup che a luglio scorso aveva applicato la misura cautelare dell’interdizione dal servizio parla di un episodio “brutale, feroce e assolutamente sproporzionato rispetto al comportamento del detenuto”. In queste ore è stato inevitabile, di fronte al video, che molti ministri dicessero la loro. Tutte parole di condanna, ma alcune stridono con le decisioni legislative che si stanno prendendo.
“Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico. In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura. L’amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto”. Questo ha detto il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, forse senza accorgersi (non si sa) che la notizia che sta commentando non gli sarebbe pervenuta come lettore se fosse stata già in vigore la legge (da lui difesa) che vieta la pubblicazione di atti giudiziari prima dell’udienza preliminare e sempre vieta di riportare frasi testuali (come quelle del gip) o peggio di pubblicare atti di prova, come il video che ha scandalizzato lo stesso Ministro. Inoltre quelle stesse immagini a breve potrebbero diventare meno rilevanti di quanto sono oggi. Infatti a marzo scorso è stata depositata una proposta di legge per abrogare il reato di tortura introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017 dopo un tormentato iter parlamentare. A presentarla sono stati alcuni esponenti di Fratelli d’Italia, prima firmataria Imma Vietri.
Intanto, con le leggi tuttora vigenti, è stato possibile apprendere la notizia di quelle che sono ancora considerate torture. E anche per questo il Garante nazionale dei detenuti ha avviato verifiche sul caso specifico. Al di là dell’inchiesta della Procura, il Garante punta ad approfondire le circostanze e il contesto complessivo in cui è emerso il singolo caso, mentre il garante detenuti dell’Emilia Romagna parla di “metodi illegali” e il Ministro dell’Interno dice che quanto emerso finora è “inaccettabile”.
*La pubblicazione di questa notizia viola i principi che vuole introdurre la riforma Costa