In attesa del giorno fatidico, il prossimo 20 febbraio, quando l’Alta corte britannica si pronuncerà in merito alla possibilità o meno per Assange di far ricorso in Appello, partiti, associazioni e la cittadinanza democratica al gran completo si stanno mobilitando in suo nome.
In occasione della mostra allestita a Strasburgo e delle iniziative che avranno luogo nei prossimi giorni in tutta Italia (a cominciare da quella organizzata l’8 febbraio dall’Ordine dei giornalisti e dal sit-in previsto per il 20 davanti all’ambasciata britannica a Roma), grazie alla gentilezza dell’europarlamentare Sabrina Pignedoli (M5S), abbiamo avuto modo di rivolgere qualche domanda a sua moglie, Stella Moris Assange. Stella sostiene che le condizioni in cui versa suo marito siano ormai terribili, che la detenzione nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh (Londra) ne abbiano minato il fisico e lo spirito e che, qualora dovesse essere estradato negli Stati Uniti, sarebbe di fatto condannato a trascorrere il resto dei suoi giorni dietro le sbarre. In pratica, una condanna a morte. Ci ha raccontato poi le circostanze nelle quali ha conosciuto e si è innamorata del giornalista australiano, della loro relazione impossibile, del sacrificio che ha scelto di compiere per stargli vicino e della straordinaria solidarietà che ha ricevuto in questi anni da parte di molteplici realtà europee. Tuttavia, ci ha espresso anche il forte rammarico perché tutto questo, almeno per il momento, non è bastato a salvarlo da un destino che appare ormai segnato. Non solo: ha detto esplicitamente che i diritti umani si tengono per mano, rivolgendo un appello affinché sia scarcerata l’attivista italiana Ilaria Salis, detenuta in Ungheria in condizioni disumane. Ci ha ringraziato per la passione e per l’impegno e ha ribadito che il suo sforzo andrà avanti senza sosta, poiché questa lotta riguarda chiunque, essendo in ballo i famosi “valori occidentali” di cui troppo spesso ci riempiamo impropriamente la bocca. Infine, ha espresso un plauso per chi, nel nostro Paese, fin dal primo momento, si è schierato dalla parte non tanto di una persona quanto di un principio: la difesa della libertà d’informazione, sempre, comunque e dovunque.
Marianela Diaz del movimento Free Assange Italia ha illustrato i prossimi appuntamenti: iniziative che vedranno protagonisti Articolo 21, l’FNSI, l’Ordine dei giornalisti, Amnesty International e tutte e tutti coloro che non si rassegnano all’attuale stato delle cose.
Un appello unanime è stato rivolto al sindaco di Roma, Gualtieri: vada fino in fondo nella concessione della cittadinanza onoraria ad Assange. Come ha scritto Vincenzo Vita sul Manifesto, infatti, in caso contrario, si verrebbe a creare una frattura interna al centro-sinistra che finirebbe col minare ulteriormente il già fragile campo progressista, indispensabile per costruire un’alternativa credibile a questa destra.
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