Quando si arriva a impedire la presentazione di un libro persino a Giuliano Amato, (“Storie di diritti e di democrazia. La Corte costituzionale nella società”, scritto insieme alla giornalista Donatella Stasio) mitissimo alfiere del sistema, capace di attraversare molteplici stagioni e di uscire indenne da ogni bufera, significa che siamo davvero oltre. Se persino una vecchia volpe come lui, con un curriculum smisurato e una collezione di incarichi prestigiosissimi, paga il fatto di aver espresso un parere urticante sulla strage di Ustica, nella speranza di giungere almeno a un brandello di verità storica anche in ambito ufficiale, e di essersi schierato apertamente dalla parte della Costituzione contro il tentativo di cancellarne l’afflato resistenziale, vuol dire che non ce n’è più per nessuno. E poiché il teatro della presentazione sarebbe dovuto essere il carcere di San Vittore, in un momento in cui la situazione carceraria è fuori controllo e il numero di suicidi fra i detenuti è impressionante, si ha la sensazione che per l’attuale esecutivo non esista alcuna forma di recupero e di redenzione possibile, essendo prevista unicamente la repressione, con l’intento non dichiarato ma palese di compiacere un’opinione pubblica impaurita e in preda a un populismo penale dalle conseguenze potenzialmente devastanti.
Se a ciò aggiungiamo la disperazione di Roberto Salis, il padre di Ilaria, che vede la figlia consumarsi in un penitenziario ungherese, le cui condizioni ci inducono a domandarci “se questa è una donna”, accusando il governo di fare poco o nulla per liberarla, qui il problema è morale prim’ancora che politico.
E allora, avvertiamo il dovere di prendere di petto la questione. Di fronte a tutto questo, continuare a dividersi sul nulla, a litigare per fesserie, a fare a gara a chi è più duro e puro, a non battersi insieme per la salvaguardia dei valori che dovrebbero accomunarci tutte e tutti e a regalare a questa destra spazio e possibilità di agire indisturbata, è sintomo o di complicità, e vorremmo sinceramente scartare questa ipotesi, o di incomprensione del periodo storico che stiamo attraversando. Non aver capito, infatti, che questi non si fermeranno mai, che per loro questo non è un semplice governo ma un esercizio del potere e che non si salverà nessuno da quest’ondata che mette insieme l’arretramento sul tema dei diritti, la mutazione antropologica del Paese e lo snaturamento della Costituzione non è solo grave: è imperdonabile. E pur tenendoci alla larga da ogni retorica, stavolta è vero che la storia chiederà a conto a chi oggi ha responsabilità politiche importanti del proprio operato. E sarà impietosa nei confronti di chi avrebbe potuto agire ed è stato pavido, avrebbe potuto parlare e ha taciuto, avrebbe potuto costruire e ha preferito distruggere.
Ribadiamo: se persino uno come Amato diventa un personaggio sgradito nei palazzi del potere, l’emergenza è seria e non può essere affrontata come se fosse uno scherzo, ignorando la gravità di quanto sta accadendo e continuando ad auspicare un dialogo istituzionale per cui non esistono da tempo i presupposti.
Fin qui ho formulato riflessioni che rispecchiano il pensiero della nostra comunità. In conclusione, voglio esprimere, invece, un parere personale: coloro che remano contro la ricomposizione del campo progressista, andato in frantumi nell’estate del 2022 e mai più ricomposto, d’ora in poi, non soltanto non avranno il mio voto ma avranno anche il mio disprezzo.
Iscriviti alla Newsletter di Articolo21