Alle 9 piazzale Clodio già pullula di giornalisti, telecamere, attivisti con qualcosa di giallo addosso o tra le mani: sta per iniziare uno dei processi più importanti di sempre davanti al Tribunale di Roma, quello ai quattro egiziani accusati di aver torturato e ucciso lo studente italiano Giulio Regeni, esattamente otto anni fa. E’ il 20 febbario 2024, Roma ha un cielo plumbeo e c’è un che di sudamericano nel clima esterno alla cittadella giudiziaria. Piazzetta sotto osservazione di polizia e servizi, un nutrito gruppo di parlamentari (Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni, Laura Boldrini) che si infila nel gabbiotto della sicurezza verso l’aula Occorsio. I vertici degli organismi di rappresentanza dei giornalisti rilasciano dichiarazioni ai colleghi della Rai e di alcune emittenti francesi e britanniche. I primi ad arrivare sono stati proprio Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Giulietti, coordinatore dei Presidi di Articolo 21 che la vicenda Regeni l’ha seguita dal primo momento da Presidente della Fnsi, Vittorio Di Trapani, attuale Presidente della Fnsi. Si capisce subito che questa è una data particolare e diversa, spartiacque della difesa dei diritti civili e della giustizia nei confronti di un cittadino italiano ucciso brutalmente da militari di un Paese definito “amico”. Arrivare fin qui è stato complicato e ostacolato ma ora è qui che inizia la fase più importante della Giustizia per Giulio.
“E’ un’udienza storica” è la frase più ripetuta della mattinata. La tappa inseguita con tenacia, dolore e speranza inizia arriva alle 10.10, quando entra la Corte d’Assise e comincia l’esame delle prove a carico dei quattro imputati dell’omicidio Regeni. In aula Claudio Regeni e Paola Deffendi, i genitori della vittima”, con la sorella Irene, tutti costituiti parte civile tramite gli avvocati Alessandra Ballerini, che segue la famiglia dal primo momento, e Giacomo Satta. Si parte subito con una serie di eccezioni della difesa. In particolare l’avvocato Tranquillino Sarno ha chiesto la dichiarazione di nullità del decreto di citazione in giudizio, perché l’atto non è stato notificato all’Egitto e ha eccepito la non validità della identificazione degli imputati, che, come si sa, sono quattro 007 egiziani, agenti della National Security. Ossia: il generale Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato. Nei confronti di quest’ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato.
Alle eccezioni sollevate dalla difesa ha replicato il pubblico ministero Sergio Colaicco che ha sottolineato come gli imputati siano stati identificati dalle autorità pubbliche egiziane con verbali inviati alla Procura di Roma a gennaio del 2021 e sussiste nel fascicolo la certezza della identificabilità. “Quel che conta non è la conoscenza delle generalità, ma la possibilità che il detenuto possa essere identificato in sicurezza per l’esecuzione della pena”, ha detto il pm.
Posizione cui si è associata la parte civile. L’avvocata Ballerini ha ricordato come gli imputati erano stati identificati tramite i verbali della magistratura egiziana e arrivati agli inquirenti italiani tramite rogatoria in un memorandum dove i quattro vengono citati in più passaggi, per quanto le conclusioni siano state poi per l’archiviazione. Il memorandum è stato prodotto ieri in aula con il parere contrario della difesa che ha chiesto di omissare alcune parti e comunque di estromettere l’atto dal fascicolo. Gli avvocati dello Stato si sono associati alle posizioni del pubblico ministero mentre la presidente della Corte si è riservata di decidere e la riserva sarà sciolta nella prossima udienza, fissata per il 18 marzo.
A fine udienza l’avvocata Ballerini ha detto che “erano otto anni e passa che aspettavamo questo momento, speriamo che il processo possa partire. Le eccezioni della difesa erano state già sollevate in altre aule di giustizia e decise. Speriamo di avere finalmente un processo a chi ha fatto tutto il male del mondo a Giulio”.