Il grido di Francesco Ferrucci, in punto di morte, a Maramaldo: “vile tu uccidi un uomo morto” è risuonato nella storia ed è giunto a noi come metafora della massima viltà di cui si possano macchiare gli umani, mentre coloro che incrudeliscono contro i deboli o gli sconfitti sono bollati con l’epiteto di “maramaldo”. La decisione di strangolare l’UNRWA, negandole i finanziamenti. assunta su istigazione di Israele, da Stati Uniti, Canada, Australia, Italia, Regno Unito, Finlandia, Paesi Bassi, Germania, Giappone, Austria e Nuova Zelanda, nel momento in cui massimo è il bisogno di assistenza della popolazione palestinese massacrata e affamata a Gaza, può essere commentata in un solo modo: “maramaldi, voi uccidete un popolo morto”.
L’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso ed il lavoro dei profughi palestinesi nel vicino oriente (UNRWA, United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East) è un organismo creato dall’ONU, ai sensi della risoluzione 302 (IV) dell’8 dicembre 1949, con il compito di fornire assistenza, soccorso e aiuti di emergenza ai settecentomila rifugiati palestinesi espulsi dalle loro terre nel 1948, missione che si è estesa ai profughi espulsi a seguito della guerra del 1967. Attualmente l’UNRWA fornisce assistenza a cinque milioni di rifugiati che vivono in Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
La Ong Oxfam insieme ad altre 19 organizzazioni umanitarie, ha lanciato un grido d’allarme osservando che “la sospensione dei finanziamenti all’UNRWA da parte dei maggiori donatori rischia di avere conseguenze umanitarie disastrose” poichè avrà un forte impatto sulla capacità di portare aiuti essenziali a oltre 2 milioni di civili a Gaza, di cui oltre la metà sono bambini. “La popolazione – prosegue l’appello – in questo momento è sull’orlo della carestia, esposta al rischio di epidemie, a causa dei bombardamenti indiscriminati da parte di Israele e della scelta deliberata di impedire l’ingresso degli aiuti nella Striscia (..) La sospensione dei fondi rischia di privare del tutto la popolazione di cibo, acqua, assistenza e forniture mediche, istruzione e un riparo”.
Israele ha sempre considerato l’UNRWA una bestia nera perché se i rifugiati palestinesi esistono come popolo e non si sono dispersi nel mare dei popoli arabi è perché l’UNRWA ha fornito l’istruzione e i servizi sanitari di base, ha costruito delle case, ha creato occasioni e opportunità di lavoro.
L’esistenza di un popolo di rifugiati, che vengono censiti e assistiti da un’Agenzia delle Nazioni Unite è una spina nel fianco per Israele perché mantiene in vita la questione palestinese che tutti i governi di Israele vorrebbero rimuovere per sempre.
La guerra contro Gaza è stata anche un’occasione per regolare i conti con l’UNRWA. Non è un caso se sono stati uccisi 152 membri del personale dell’UNRWA, il numero più alto del personale delle Nazioni Unite eliminato in un conflitto dalla fondazione dell’ONU. Non è un caso se sono stati distrutti quei luoghi nei quali un gruppo umano si riconosce come comunità: l’Università, il Tribunale, il Parlamento, gli ospedali. Non è una caso se sono stati uccisi 111 giornalisti, decine di medici, accademici e scrittori, come il poeta Rafaat el Areer. Le distruzioni operate da Israele mirano a sciogliere tutto ciò che fa comunità e a trasformare il popolo dei Gazawi in una massa di individui affamati, slegati fra di loro.
Il giorno dopo la storica ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia, che ha incrinato l’onnipotenza di Israele, imponendogli una serie di obblighi precisi da rispettare, fra cui quello di adottare: “misure immediate ed efficaci per consentire la fornitura di servizi di base e di assistenza umanitaria urgentemente necessari per affrontare le condizioni di vita avverse dei palestinesi nella Striscia di Gaza.”, è partita la vendetta di Netanyahu contro l’ONU. Israele ha identificato 13 dipendenti dell’UNRWA come compartecipi dell’attacco del 7 ottobre e ha chiesto che l’Agenzia sia smantellata. Immediatamente gli Stati Uniti hanno dichiarato di tagliare i fondi all’UNRWA ed a questa decisione si sono allineati con perfetto tempismo gli alleati più fedeli di Washington. Tajani non ha avuto alcuna vergogna a aderire al bando nei confronti dell’UNRWA. Orbene il fatto che, tra oltre 12.000 dipendenti nella Striscia di Gaza, 13 persone siano state ipoteticamente coinvolte in qualche tipo di attività criminale non giustifica certo il taglio dei fondi a un’agenzia così importante e vitale per i palestinesi. Questo taglio si risolve in una ulteriore punizione collettiva contro la stremata popolazione di Gaza creando un ostacolo insuperabile per dare corso all’obbligo, sancito dalla Corte Internazionale di Giustizia civile, di fornire i servizi di base e l’assistenza sanitaria urgente necessaria per affrontare “le condizioni di vita avverse dei palestinesi nella Striscia di Gaza”. La Corte ha imposto delle misure urgenti per scongiurare il rischio di genocidio. Israele sta dimostrando di non avere alcuna intenzione di conformarsi alle decisioni dei giudici dell’Aja, ma gli altri Stati che hanno firmato la Convenzione dell’ONU contro il Genocidio dovrebbero vigilare che queste decisioni siano attuate, invece di aiutare Israele a eluderle, rendendo ancora più atroci le sofferenze della popolazione palestinese della Striscia.
la Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio del 1948 non è un trattato qualsiasi, proibisce a tutti gli stati parte non solo di commettere genocidi, ma impone obblighi cogenti di prevenirli. Le misure dettate dalla Corte dell’Aja, sono finalizzate a prevenire il rischio di genocidio, boicottare questa misure strangolando l’UNRWA, l’unica agenzia Onu con la capacità logistica di dare effettività all’ordine giuridico di assicurare gli aiuti di sopravvivenza alla popolazione di Gaza, non è solo immorale: è complicità nel genocidio che si sta consumando sotto i nostri occhi.