Forse è proprio quella che inizia oggi la settimana più dura per la libertà di espressione in Europa. La fine di febbraio 2024 appare decisiva, capace di diventare lo spartiacque tra la negazione della libertà e la speranza che una cronaca libera e indipendente sia ancora possibile in Europa. Questa sera (19 febbraio) fiaccolata a Roma a quattro giorni dalla morte in carcere di Alexej Naval’njy, l’oppositore del regime di Putin lasciato andare dentro una prigione dove non si sa davvero quale fosse la contestazione se non la repressione di una voce (una delle pochissime voci) di dissenso. Hanno confermato l’adesione tutti i partiti, ultima la Lega, i sindacati e il primo cittadino di Roma.
Sempre oggi il Consorzio Media Freedom Rapid Response terrà un incontro webinar su “Il vero costo del giornalismo: casi di impunità ancora in corso in Europa“. Ancora in corso sì, perché non è stata scritta tutta la verità sulla morte di giornalisti e attivisti. Una storia emblematica per tutte le altre: il 21 febbraio 2018, il giornalista Ján Kuciak e la sua fidanzata Martina Kušnírová sono stati assassinati a Veľká Mača, in Slovacchia. L’assassinio ha scatenato proteste di massa e le eventuali dimissioni del primo ministro Robert Fico. Sebbene coloro che hanno ordinato ed eseguito l’omicidio siano stati giudicati colpevoli e condannati a una pena detentiva, il presunto mandante è stato assolto nel maggio 2023. Oggi (19 febbraio) il webinar di MFRR oltre a ricordare il sesto anniversario dell’assassinio del giovane giornalista slovacco discuterà dei vari casi di impunità in corso per crimini contro i giornalisti in Europa, con un focus su Slovacchia, Turchia e Serbia.
Ma intanto martedì 20 e mercoledì 21 febbraio sono diventate due date attese in tutto il mondo perché a Londra si terrà l’udienza di Appello per l’estradizione negli Stati Uniti di Julian Assange. Attorno a questo appuntamento giudiziario c’è una mobilitazione nazionale (cui partecipa anche anche Articolo 21, nelle iniziative di Roma, Milano, Torino, Napoli, Venezia, Orvieto). Sono ore concitate, difficili, fatte di speranza ma anche di timore, perché in ballo ci sono i diritti civili di un uomo e di tutti i giornalisti. La stessa speranza e gli stessi timori che accompagneranno la prima udienza del processo agli assassini di Giulio Regeni, a otto anni esatti dalla sua morte avvenuta a Il Cairo. Storie che hanno in comune la repressione violenta della libertà di espressione, storie vicine a noi, così vicine da farci riconoscere le derive antidemocratiche sempre più frequenti, sempre più evidenti sparse qui e lì nelle azioni persecutorie dei giornalisti in Italia. E questo il filo comune della settimana più difficile per l’informazione e i diritti civili in Europa.
(Nella foto l’omaggio a Ján Kuciak nei giorni seguenti l’assassinio)
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