Colpevole silenzio della stampa internazionale sulle tremende vicende militari in Ecuador. In un primo momento era sfuggita la notizia della ribellione delle mafie locali contro il governo legittimamente eletto. Non si poteva tacere della invasione in diretta in una trasmissione TV. Nel frattempo un magistrato, che stava indagando sul fatto, è stato ucciso. Dopo la fuga dal carcere il capo dei “cartelli” ecuadoriani aveva dichiarato guerra al governo, colpevole di aver dichiarato che avrebbe lottato veramente le mafie locali. Finora l’unico fatto concreto è il coprifuoco nelle aree della rivolta. Si è contattata personalmente l’Ambasciata ecuadoregna che non ha dato notizie.
Anche in Ecuador il connubio tra politica, mafie, polizia e magistratura crea un blocco sociale difficilmente scalfibile, con uno strapotere che distrugge ogni embrione di libertà democratica. Un vero e proprio regime mafiascista, che si ribella a qualunque ipotesi di giustizia. Ben ventidue luoghi di scontro sono stati aperti in tutto il paese, incrementando il già enorme tasso di mortalità violenta. Di questi eventi in corso non si conoscono altri aggiornamenti. Si può dedurre che siano ancora in corso, perché, se ci fosse stato un esito positivo per il governo e sfavorevole alle ventidue (22!) mafie, la stampa internazionale avrebbe tranquillizzato la sempre più sbandata “opinione pubblica”, che è sempre bombardata continuamente, come i palestinesi a Gaza.
In Italia possiamo stare tranquilli perché le mafie riconosciute sono solo quattro: Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita. Se però alle mafie nazionali si dovessero aggiungere anche quelle straniere potremmo avvicinarci alla decina. Altro elemento tranquillizzante è che il connubio tra mafia e stato avviene solo ai più bassi livelli, particolarmente in aree nazionali di forte interesse economico, magari più al ricco Nord che al Sud. Ma quello che sta accadendo in Ecuador è un grande campanello di allarme per le democrazie mondiali. Compresa quella italiana.