Fra PD e M5S esiste una comunità di destino

0 0

Al netto di uno spoglio elettorale vergognoso per lentezza e mancato caricamento dei dati, la vittoria di Alessandra Todde costituisce un’ottima notizia. Ci dice, infatti, ancora una volta, che il campo progressista non è necessariamente la fusione di vari partiti ma la condivisione di una certa idea del mondo, un movimento di popolo, un pensiero politico e una visione condivisa della società e del futuro. E a ricordarcelo sono state proprio le manganellate di Pisa, a proposito delle quali più di un osservatore ha affermato che gli hanno riportato alla mente i fatti del G8 di Genova. Un ragazzo che all’epoca non era ancora nato, Giovanni Rossetti, studente del liceo “Tasso” di Roma, ha scritto su queste stesse colonne che dobbiamo cominciare a preoccuparci perché somigliamo sempre di più ai paesi che un tempo consideravamo illiberali. Ha ragione, e che quest’analisi provenga da un giovanissimo non mi sorprende. C’erano soprattutto loro, difatti, domenica sera a manifestare sotto il Viminale, chiedendo a gran voce le dimissioni di un ministro degli Interni che in un anno e mezzo ha ampiamente mostrato la propria concezione dell’ordine pubblico, fra il decreto contro i rave party, la gestione della tragedia di Cutro, la stretta securitaria post-Caivano e le manganellate distribuite a dritta e a manca sulle teste di chiunque osi manifestare il proprio dissenso nei confronti dell’attuale esecutivo. Giovanni, come migliaia di studenti e studentesse, sa che il prossimo potrebbe essere lui, e quest’incertezza, questa paura del domani e questa visione drammatica del rapporto con lo Stato e con le istituzioni è ciò che, insieme all’astensionismo di massa, dovrebbe preoccuparci maggiormente. Eppure, com’era accaduto già altre volte, ad esempio in Emilia Romagna poche settimane prima dell’esplosione del Covid, anche chi pensava di rimanere a casa, quando ha visto i volti insanguinati di ragazze e ragazzi che erano scesi in piazza per chiedere il cessate il fuoco a Gaza e il riconoscimento dei diritti del popolo palestinese, a votare c’è andato eccome. Il che dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, che l’alleanza fra PD e M5S, come detto, non è un’unione verticistica di sigle ma un moto dell’anima. Se Genova è la matrice di buona parte dell’attuale maggioranza, e lo è, come sembrano aver intuito anche i commentatori più benevoli, che fino a pochi mesi fa ci consigliavano di non esagerare con le polemiche, è altrettanto vero che è anche la matrice del M5S, nato in seguito ai fallimenti del centro-sinistra, ai suoi cedimenti culturali, alla sua inadeguata opposizione al berlusconismo e alla marginalizzazione di quei vasti settori della società civile che, per un decennio, si sono opposti come potevano a censure, bavagli, leggi vergogna e continui tentativi di stravolgere i capisaldi della Costituzione. Elly Schlein è parte della generazione che il 20 luglio 2001 ha preso coscienza di quale fosse il proprio posto nel mondo, al pari di molti elettori e dirigenti che negli anni hanno abbracciato il movimento fondato da Beppe Grillo: chi per convinzione, chi per disperazione, chi per sperimentare una novità politica oggettivamente intrigante e qualcuno, di sicuro, perché memore delle riflessioni che il comico genovese aveva formulato prima e dopo il G8, fra le più lucide e condivisibili in assoluto.

Spiace doverlo far presente a chi ancora non ha capito che la globalizzazione liberista è un dio che ha fallito e che il blairismo, suo massimo cantore, è inservibile pressoché a ogni latitudine, ma il PD non è nato per essere una versione neanche troppo gentile della destra bensì per portare avanti coloro che sono nati indietro. E se andate a vedere, sinistra tradizionale e stellini hanno letto gli stessi libri, amato gli stessi film e pianto per le stesse canzoni (Nicola Fratoianni, per dire, era e sarà sempre, come scrive sul suo profilo X, “uno di quelli che nel luglio 2001 erano a Genova”), : il milieu è molto simile, con qualche differenza che non solo ci sta ma rende ancora più gradevole l’incontro. Quando lo capiscono, come è avvenuto in Sardegna e un anno fa alle Primarie democratiche, dove Schlein è stata votata per ricostruire ciò che nell’estate del 2022 era stato distrutto da molteplici errori su entrambi i versanti, i risultati premiano la scelta. Il prossimo passo non è annullare le diversità, che invece sono una ricchezza, ma assecondare il desiderio di milioni di persone che, in ogni angolo d’Italia, chiedono che venga ricostruita la propria casa politica e valoriale. Anche perché, mai come ora, dall’altra parte le proveranno tutte pur di non perdere il potere.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21