Le verità nascoste sull‘’uccisione dell’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, e del carabiniere che gli faceva da scorta, Vittorio Iacovacci, devono restare occultate. Questo in sostanza ciò che scaturisce dalla decisione del Giudice dell’udienza preliminare del Tribubale di Roma, Marisa Mosetti, che ha disposto il “non luogo a procedere per difetto di giurisdizione” in merito alla richiesta di rinvio a giudizio per i due funzionari del World Food Programme, Rocco Leone e Mustapha Milambo, accusati di omesse cautele e falso nel procedimento per le responsabilità dell’agguato del 22 febbraio del 2021 in cui oltre ad Attanasio e Iacovacci perse la vita anche l’autista del Wfp, Mustapha Milambo.
I familiari del carabiniere si dicono “molto amareggiati per come è finita, ci aspettavamo giustizia e abbiamo avuto solo delusioni. Perché temporeggiare e creare l’aspettativa di una giustizia che si dimostra debole con i poteri forti che hanno deciso di tenere nascoste verità e responsabilità scomode. Oggi Vittorio è stato ucciso una seconda volta”.
Con il riconoscimento dell’immunità ai dipendenti dell’agenzia delle Nazioni Unite, il giudice ha ritenuto di non procedere, anche se non si può ancora apporre la parola fine sul coinvolgimento dei due imputati avendo la Procura di Roma annunciato il ricorso davanti alla Corte d’Appello per impugnare la decisione del gup.
Il sostituto procuratore Sergio Colaiocco non è dunque disposto a mollare e come sottolineano fonti di piazzale Clodio “percorrerà tutte le strade che l’ordinamento penale prevede per garantire ai due cittadini italiani e alle loro famiglie la tutela dei loro diritti”. Per ora, comunque, niente processo per i due funzionari Onu: prosciolti da ogni accusa.
Nella precedente udienza la Farnesina aveva presentato un parere con cui spiegava che l’immunità ‘viene riconosciuta per consuetudine” dando di fatto il via libera ai privilegi diplomatici per Leone e Rwagaza. Ed è proprio su questo che sia i familiari di Iacovacci che di Attanasio ribadiscono la contrarietà per l’atteggiamento del governo in questa vicenda sostenendo che “se lo Stato avesse assunto una posizione diversa e avesse mantenuto l’impegno promesso di chiedere alle Nazioni Unite di rinunciare all’immunità oggi avremmo un’altra sentenza”.
“Se il giudice non ha giurisdizione sull’uccisione di un ambasciatore e di un carabiniere italiani, servitori dello Stato, chi ce l’ha?” lo sfogo della fidanzata di Iacovacci, Domenica Benedetto, presente all’udienza con il fratello del carabiniere, Dario, e la sorella, Alessia. “Alle parole delle istituzioni, che assicuravano di volere giustizia per Luca, non sono mai seguiti i fatti. Lo Stato non ha avuto coraggio. Ma io non mi fermo, andrò fino in fondo e non smetterò mai di chiedere verità e giustizia ” lo sfogo finale di Salvatore Attanasio, il padre dell’ambasciatore.