E così, non bastando le catene, la detenzione in condizioni disumane, le accuse e le minacce di morte diffuse negli ambienti dell’estrema destra ungherese (abbiamo visto con orrore i murales che raffigurano Ilaria con il cappio al collo), ecco che contro la povera Ilaria Salis si manifesta anche la ferocia delle fonti ufficiali. Parliamoci chiaro: la vicenda è ormai politica, umanitaria, culturale, etica e decisiva per ciò che vorrà essere l’Europa nei prossimi anni. Qualora dovesse essere sancito, dall’indifferenza della comunità internazionale, che una cittadina di qualunque paese può essere abbandonata a se stessa, nelle mani di un governo autoritario e che nulla ha a che spartire con i nostri valori, saremmo infatti al cospetto di una disfatta complessiva senza precedenti.
Dal canto nostro, non smetteremo mai di chiedere verità e giustizia per questa ragazza, di batterci affinché sia riportata in Italia e di impegnarci per scongiurare che cali il buio sulla sua tragedia. L’oblio, difatti, è il miglior alleato di tutti i regimi, di tutte le democrature e di tutte le svolte verso qualcosa che ricorda da vicino i periodi più bui della nostra storia.
Non resteremo in silenzio, non ci arrenderemo, faremo di tutto perché questa storia abbia un epilogo diverso da quello, atroce, cui sembra destinata. Chiediamo, però, che altre voci si levino, oltre a quella di chi ha già fatto e continua a fare la sua parte, perché ribadiamo: la sorte di Ilaria è la sorte di tutte e tutti noi. Se rimane intrappolata nella gabbia di Budapest, con lei finisce l’Europa dei diritti e delle libertà e comincia quella della barbarie, dell’arroganza, dell’umanità calpestata e della crudeltà gratuita, in cui viene meno persino l'”habeas corpus”. Attenzione, perché nessuno di noi, andando avanti di questo passo, può sentirsi al sicuro.
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