Bayna

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Il linguaggio della musica è universale, tocca le corde più sensibili dell’animo umano, suscita emozioni. E sentimenti.

Quando il messaggio è anche elegante e gentile, nessuna barriera può resistere. Vorrei dire, nessun confine, nemmeno quelli culturali e mentali che sono i più insidiosi e arrivano prima di quelli fisici.

Ghali, con dolcezza, lo ha spiegato bene sul palcoscenico del Festival delle canzonette, che poi non sono solo e sempre canzonette come un grande artista ci ha voluto dire in passato.

Quelle parole arabe, la loro intrinseca musicalità, quella lingua che appartiene anche alla storia culturale del nostro paese in molte aree del sud, ci hanno sorpreso e meravigliato. Non ci ha sorpreso invece il suo canto da “italiano vero”, il suo canto di ragazzo, come tanti nati qui, che sente di essere italiano e si meraviglia di non essere considerato italiano da molti, troppi, italiani come lui.

Con dolcezza risponde a chi gli intima di tornare a “casa sua” che lui a casa sua ci è già.

L’intelligenza contro la ruvidezza della contrapposizione. L’intelligenza contro il razzismo. Che è stupido e perdente perché i mari non dividono i continenti, li uniscono. E chi li attraversa incontra, chiede accoglienza, chiede scambio, chiede rispetto, chiede civiltà, chiede diritti. E gli incontri tra esseri umani non possono essere impediti. Lo dice la storia.

In mare si consumano speranze. Purtroppo si consumano vite. Lo sa bene Ghali che ha donato a Mediterranea Saving Humans una barca per soccorrere vite. Si chiama Bayna che in arabo significa “vederci chiaro”.

Vederci chiaro tocca a tutti noi. Vederci chiaro quando vorrebbero impedircelo convincendoci che soccorrere esseri umani non è una priorità.

Una canzone, un volto giovane e sereno, la fermezza di un profondo sentimento umano.

La bellezza contro la mostruosità dei linguaggi d’odio.


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