Con grande fatica, dopo quasi 10 mesi dall’invio della proposta di conferimento della cittadinanza onoraria di Roma a Julian Assange a tutti i membri del Consiglio Capitolino, possiamo finalmente esclamare che Julian Assange è cittadino romano. Compattamente la maggioranza capitolina ha votato insieme al M5S e alla lista civica Raggi e questo risultato, pur essendo stato raggiunto faticosamente, giunge doppiamente gradito e apprezzato, non solo per il drammatico momento storico bellico che stiamo vivendo ma anche perché, di fronte al sopruso e all’avanzare di vecchi fantasmi, che speravamo seppelliti per sempre, l’intesa capitolina sui temi fondamentali della nostra civiltà, come la giustizia e la pace, può essere la chiave di volta per invertire la rotta.
Invertire la rotta, in questo momento, significa non solo lottare contro un autoritarismo e una mancanza di considerazione dei sentimenti della gente sempre più marcati, ma anche contro una crescente privazione dei diritti sociali e del diritto di essere informati. L’avvento dei social e della rete infatti ci hanno dato per un breve periodo l’illusione di poter ricevere informazione alternativa al mainstream e di poter a nostra volta condividere e fare informazione senza limiti. E forse così lo è stato per un certo periodo ma, subito dopo, siamo stati prima incantati dalle sirene dei like, inconsapevolmente ridotti alla dipendenza, e successivamente ridotti a bersaglio di assurde censure, perfettamente allineate con le bufale istituzionali, portate avanti in maniera imperterrita, anche per anni, senza alcun rispetto del cittadino, indotto all’autocensura e alla mutua derisione.
Ma l’uomo della strada, per quanto disarmato e privo di strumenti culturali validi, prima o poi prende consapevolezza della differenza tra la narrazione dominante e la realtà che tocca con mano, o con le conseguenze di essa. Il rischio però è anche quello di cadere nel tranello di personalità becere e senza scrupoli, volte a tesorizzare rabbia e senso di impotenza delle masse. Ma non si può impedire al genere umano di andare contro la sua natura impedendogli di cercare la verità fornendogli una “verità d’ufficio”. Senza la ricerca della verità la civiltà si arresta, si arresta lo sviluppo e l’evoluzione dell’umanità, che in millenni di esistenza, ha assistito a tutte le latitudini alla lotta per il potere.
La lotta per il potere, nell’era digitale che viviamo, vede il drammatico ritorno di una nuova inquisizione, che prende le stesse sembianze in tutto il mondo occidentale, dominato da un manipolo di soggetti i cui ambiti di influenza si intrecciano tra di loro e che hanno nel sistema vigente dell’informazione e della gestione dei media, il fattore comune.
Contro questa novella inquisizione, tutte le forze democratiche devono lottare unite con tutte le loro energie, per stare dalla parte di Davide, non di Golia.
La lotta per Assange quindi oggi, diventa non solo la lotta per salvare la vita a uomo generoso, che con coraggio ha rivelato al mondo le ipocrisie del potere, bensì anche per poter continuare a cercare la verità, senza censure pretestuose, volte solo a nascondere le reali intenzioni del potere, a discapito degli interessi dei cittadini. E saranno solo i cittadini, con la loro pressione verso i propri governanti e presso i media, a salvare Julian Assange, mentre la maggioranza dei media e dei colleghi di Assange, in tempi di precariato e di nuova inquisizione, faranno fatica ad uscire dalla loro zona di conforto, autocensurandosi per non fare la stessa fine.
Solo la pressione dei cittadini potrà muovere a compassione le autorità britanniche e oggi, i cittadini di Roma, con i loro rappresentanti comunali, hanno lanciato un grande appello al mondo: SALVATE JULIAN ASSANGE.