Cosa ha pensato la Presidente del Consiglio quando, parlando con Carlo Bartoli alla
Conferenza di fine anno con la stampa, ha visto sul bavero del suo interlocutore una
spilletta con una macchina fotografica che piange? L’ha notata? Ha pensato a un
generico omaggio al fotogiornalismo? Al governo esiste qualcuno minimamente
informato del fatto che la magistratura italiana in tre gradi di giudizio ha qualificato
l’uccisione di Andrea Rocchelli come un crimine di guerra e ne ha attribuito la
responsabilità alle forze armate ucraine?
Sono quesiti che si affacciano alla mente di chi ormai da quasi dieci anni, cioè
dall’uccisione di Andrea nel Donbass, s’interroga sul disinteresse della politica per
questa vicenda. Un cittadino italiano, un fotografo inerme è stato abbattuto a colpi di
mortaio dalle forze armate ucraine, mentre con passione faceva il suo lavoro in uno
scenario di guerra civile poco o nulla raccontata. Chi ne sa qualcosa? Chi, pur
sapendone, ritiene il caso politicamente sconveniente, anche di fronte ai depistaggi e
alle narrazioni autoassolutorie di parte ucraina?
I segni d’attenzione del milieu politico in tutto questo decennio sono stati assai rari.
Agli inizi, all’epoca dell’uccisione di Andrea, un messaggio di cordoglio del
presidente Napolitano, un aereo militare per riportarne a casa le spoglie, l’accoglienza
a Roma dell’allora ministro degli esteri on. Federica Mogherini, un omaggio floreale
alla sua tomba da parte dell’on. Laura Boldrini. Poi qualche incontro istituzionale:
una conferenza stampa nel 2017 al Senato per iniziativa dell’on. Luigi Manconi,
allora presidente della Commissione diritti umani, più di recente alla Camera con
l’on. Roberto Fico, che ci assicurò la sua personale vicinanza. Un’interrogazione
parlamentare sul caso di questa uccisione giace ancora senza risposta dal febbraio
2022. E nulla più…
Dall’inizio della sciagurata guerra in Ucraina, la vicenda è diventata un vero tabù,
proprio nel momento in cui l’appoggio politico e militare all’Ucraina invasa, e ora la
prospettiva del suo ingresso nella casa comune europea, consentirebbero invece di
chiedere conto al governo ucraino della sorte di un cittadino italiano, europeo, ucciso
in un attacco mirato e prolungato, nel quale cadde un altro attivista dei diritti umani
Andrei Mironov, ben noto e stimato in Italia, e fu ferito un fotografo francese,
William Roguelon, sopravvissuto fortunosamente a raccontare la dinamica del
plurimo omicidio.
Le spillette con la macchina fotografica che piange furono un’affettuosa iniziativa
degli amici di Andrea, riunitisi in un’associazione che porta il suo nome da scout,
“volpe scapigliata” e il disegno di mano di Vauro Sanesi esprime in pochi tratti la
nostalgia di una vita, e di un talento, brutalmente spezzati.
Che quella spilletta figuri al bavero del presidente Carlo Bartoli in un contesto
politico-istituzionale è un segnale assolutamente straordinario, certifica di un
impegno che non è mai mancato da parte del mondo dell’informazione: ricordiamo la
scelta della FNSI e dell’Ordine dei giornalisti lombardi di schierarsi al nostro fianco
nella lunga vicenda giudiziaria che si è conclusa con un proscioglimento per motivi
procedurali, ma che ha accertato le responsabilità ucraine, per finire nel gennaio 2022
con la tessera ad honorem per Andrea che lo stesso Ordine gli ha attribuito. Gesti
simbolici, pieni di significato. Quando nelle stanze della politica – politica estera,
giustizia – si vorrà uscire dall’imbarazzo e affrontare su questo caso un confronto con
il governo ucraino?