Tormenti soffocati, nascosti, respirati, mangiati, divorati. Ingoiati, ingozzati. Tormenti mal digeriti, unti di niente. Insaziabile niente condito di niente. Scialbo di vita. Scondito d’amore, pieno di domande, di perché, di legami, legacci e intrecci. Smorto, privo di gioia di vivere, senza chi e senza con. Pieno di libertà. Ossessionato da respiro sempre più affannoso …senza io, senza te, senza loro, senza tutti. Quasi senza ossigeno, senza sale, senza tutto quel che resta. Senza tutto quel che c’è. Senza tutto ciò che palpita. Senza tutto. Senza batter denti. Bocca chiusa. Labbra strette. E poi tutto in gola senza mangiare. Senza masticare. In gola tutta l’aria. Solo aria. Ingoiata ad occhi chiusi. Sono storie d’amore anoressico narrate con stile crudo da Adele Farace in “Quel meglio che uccide, 169 pagine per i tipi Albatros, da qualche giorno nelle librerie.
Adele Farace, neurologo/ psicoterapeuta, di provata esperienza sul campo della salute mentale, scandaglia l’animo, entra nei disturbi dell’Io, incontra, guarda, osserva, ascolta, provoca, crea sintonia, aiuta, cura, accompagna sulla via della guarigione. Sono pagine uniche di analisi e studi di casi che aprono ad un ventaglio di riflessioni e preziosi suggerimenti per sintonizzare la vita sulla giusta frequenza. Il libro di Adele Farace volge lo sguardo….indirizza…invita a vedere i colori della vita…a guardare con occhi diversi…insieme a chi, lontano, ti sta accanto. È un lavoro che vuol guarire ferite. Sanare la febbre del rifiuto di sé…ridare vita alla vita sfibrata dal rifiuto e da quella falsa libertà propria del complesso, delicato, fragile mondo dell’anoressia. Le diverse testimonianze di pazienti che hanno sconfitto il male del disturbo alimentare e che, guarite, ripercorrono il tempo delle sofferenze, sono preziose gocce di medicamento per risollevare e dare fiducia a chi ne è ingabbiato e a dare speranza di guarigione ad amici, parenti, docenti e familiari di tanti finiti nel vortice del male perché non ascoltati, non capiti, non accettati. Ed è qui che la psicoterapeuta Farace, per uscire dall’inferno dell’anoressia, chiama l’incontro, richiama la sintonia e sotto traccia sempre la danza della vita. “ ….senza amore-scrive-non ci può essere cura. Tutto di noi ha inizio da un incontro. E prosegue attraverso sintonizzazioni….Dal semplice al complesso ci modelliamo in questa continua danza di incontri….”.