Chissà cosa penserebbe Raffaele Ciriello di quello che sta accandendo lungo quella Striscia che lui conosceva così bene; chissà come la racconterebbe la tragedia di Gaza, lui che immortalava con i suoi scatti e con le sue parole il sorriso infinito dei bambini, i sogni, nonostante tutto, di donne e uomini a cui era toccato vivere una vita sbagliata nella parte più sfortunata del mondo.
Chissà in quanti modi Raffaele avrebbe chiesto giustizia per questa strage infinita; lui, che di giustizia per la sua morte non ne ha ancora avuta; lui, ucciso ‘’per errore’’ il 13 marzo del 2003 a Ramallah in Cisgiordania a 42 anni; lui, colpito da cinque proiettili , centrato in pieno da un militare di vedetta su uno dei tank che Ciriello stava riprendendo con una telecamera palmare, piccolissima. Nemmeno una sanzione per il soldato che fece fuoco. Aveva studiato da medico, Raffaele, ma poi aveva deciso di seguire la grande passione per la fotografia.
«Era più professionista di molti di noi, pur avendo una professione profondamente – lo ricordava così Ferruccio De Bortoli- voleva essere parte della trincea della vita e di non rassegnarsi a un lavoro più tranquillo».
Chissà cosa avrebbe scritto Raffaele sulla strage dei giornalisti, colpiti con precisione chirurgica per troncare e indebolire il ponte delle informazioni e della verità.