No, non è una rappresentazione ideale della società come lascerebbe intendere Ernesto Galli della Loggia utilizzando il termine “mito”. L’ inclusione non è un mito. È un obiettivo reale in una società nella quale la dignità delle persone sia al centro di ogni azione individuale e collettiva. Lo è specialmente nella scuola, dove l’educazione dei ragazzi deve essere interpretata come crescita e responsabilità. Culturale ed umana.
Relegare il concetto di inclusione nell’ ambito di un fastidioso retaggio di impossibile realizzazione sarebbe un passo indietro, catastrofico, per l’ intera società italiana. È sul concetto di inclusione che la società va costruita. Va costruita, cioè, sul contrario di tutto ciò che rappresentasse esclusione, emarginazione, rifiuto.
Ho il ricordo terribile delle scuole definite, con un orribile termine, “differenziali” per averci lavorato in gioventù. Esistevano prima che si arrivasse a comprendere che l’emarginazione aggravava e deprimeva quei ragazzi. Esistevano prima che si arrivasse a comprendere che lo stare insieme era un processo di crescita per l’intera classe. Un’ esperienza umana insostituibile e ricca di risultati.
Piuttosto sarebbe necessario porre l’accento sulle sempre minori risorse immesse nella scuola pubblica, sulla necessità di avere più insegnanti di sostegno e insegnanti di ruolo, sulla centralità del processo educativo delle nuove generazioni. Sulla centralità della scuola, in definitiva. Una scuola non progettata per pochi, ma per tutti. Che non lasci per strada i più svantaggiati, come suggerisce la Costituzione, e che non si trasformi solo in corso di formazione professionale a beneficio delle aziende. Occorre formare donne e uomini, prima che forza lavoro. E sarebbe necessario, finalmente, dare dignità al lavoro degli insegnanti con strumenti adeguati e retribuzioni adeguate.
Derubricare a rango di “mito” l’inclusione è contraddire la Costituzione. È un pensiero “basso” dietro il quale si nasconde, con ogni probabilità, l’ idea di una società dei più forti, dei più fortunati, dei vincenti.
Terribile e devastante prospettiva.