Ilaria Salis e la democrazia in fondo al pozzo

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Ha ragione Zerocalcare quando afferma, in una magnifica graphic novel uscita questa settimana su Internazionale, che la democrazia è anche una questione di scelte e responsabilità. E “in fondo al pozzo”, volendo citare il titolo del fumetto, rischiamo di finirci tutte e tutti noi. Perché la vicenda di Ilaria Salis, dannazione!, ci riguarda. Ci riguarda come cittadini, come giornalisti, come militanti politici e come persone che si ostinano ad avere a cuore la Costituzione. Ci riguarda perché non si tratta neanche “di stare dalla parte giusta della storia”, riprendendo una frase del fumettista romano, ma di battersi per ideali e principî universali. Difenderemmo Ilaria, infatti, anche se stesse “dalla parte sbagliata”, anche se avesse commesso qualche crimine, anche se avesse torto, e lo faremmo perché non riconosciamo l’autorità del tribunale di un paese come l’Ungheria di Orbán, in cui non sono garantiti i diritti essenziali e gli oppositori politici, come nel caso di Ilaria, rischiano pene mostruose per colpe risibili. Se Ilaria deve essere giudicata, che sia un tribunale italiano a farlo. Noi non stiamo chiedendo né che sia assolta né che sia condannata: non lo abbiamo mai fatto, non è il nostro mestiere. Stiamo chiedendo solo che a giudicarla sia uno Stato democratico e non un’autocrazia che, ribadiamo, non dovrebbe più far parte dell’Unione Europea.

C’è un punto su cui, invece, Zerocalcare ha più che mai ragione: la scusa del “se l’è andata a cercare” non regge; anzi, è indegna. E Michele Rech lo sa bene. In tutte le sue opere, si avverte, difatti, l’eco dell’esperienza di Genova. Da sempre, le forze reazionarie e i loro alfieri utilizzano questa frase odiosa per infangare la memoria di chiunque abbia subito un torto. Dal 2001, tuttavia, la prassi si è trasformata in manganello mediatico. Da Carlo Giuliani in avanti, chiunque sia stato picchiato o, peggio ancora, assassinato in determinate circostanze era sempre uno che “se l’è andata a cercare”. Se ci pensate, è la stessa logica con cui vengono denigrate e intimidite le donne che hanno subito uno stupro. Ebbene, una volta, a Pianaccio, in qualità di presidente della giuria del Premio Biagi, Sergio Zavoli disse che un buon giornalista è uno che consuma le scarpe, che, per l’appunto, se la va a cercare. Si parlava, in quel caso, dell’esperienza di Biagi nel Polesine alluvionato e Zavoli ribadì che un cronista, quando accadono i fatti, deve esserci. Vale anche per la cittadinanza attiva. Democrazia, come detto, significa assumersi le proprie responsabilità, fare la propria parte, esprimere le proprie idee, parlare, agire. Una democrazia in cui l’opposizione tace e parlano solo i turiferari del potere non è più tale. E la nostra rischia di essere, ogni giorno di più, una democrazia dimidiata, apparente, in cui, fatta salva la facciata, manca la sostanza. Basti vedere le condizioni in cui versano i partiti e le istituzioni; basti dare un’occhiata ai dati relativi alle vendite dei giornali; basti osservare le percentuali di astensione che caratterizzano ormai qualunque elezione; basti essere “cittadini e partigiani”, come insegnava Gramsci, per rendersi conto che è venuta meno quella vitalità che ha caratterizzato l’Italia fino a una decina d’anni fa. Poi la generazione di Genova ha cominciato a tacere, ha smesso definitivamente di crederci, e le altre non hanno iniziato proprio. Certo, ogni tanto assistiamo a qualche sussulto da parte di movimenti giovanili sparuti ma significativi, che naturalmente incentiviamo a continuare, manifestando pacificamente e lottando per le proprie idee e per una visione del mondo alternativa al baratro nel quale siamo sprofondati; fatto sta che manca la fiducia, manca la speranza, mancano le prospettive, mancano i luoghi, manca tutto, dunque manca una democrazia vera fondata sui capisaldi della nostra Costituzione.

Non è un caso che il secondo comma dell’articolo 3 della Carta reciti: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Ilaria Salis è una maestra elementare, una cittadina impegnata, un’attivista, una persona che non si arrende e una che, per fortuna, se le va a cercare. Saremo al suo fianco, ogni giorno, per riportarla in Italia. Quanto al governo italiano, sia chiaro che il silenzio, in casi come questo, è una precisa scelta di campo.


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