In relazione al saluto romano bisogna contestare il reato di apologia del fascismo previsto dall’articolo 5 della legge Scelba (del 1952). Questa la decisione delle Sezioni unite della Cassazione che hanno annullato la condanna nei confronti di 8 persone che avevano fatto il saluto romano durante un corteo commemorativo di estrema destra a Milano nel 2016. Gli ermellini hanno disposto per loro un nuovo processo di Appello.
Gli imputati erano stati assolti per l’assenza dell’elemento soggettivo e poi condannati in secondo grado, nel 2020, in riferimento alla legge Mancino del 1993 che punisce le manifestazioni pubbliche di ideologie discriminatorie. La Suprema corte, oggi, ha annullato e rinviato ad altra sezione della corte d’appello del capoluogo lombardo.
L’avvocato generale della Cassazione Pietro Gaeta, nel suo intervento all’udienza in corso oggi davanti alle Sezioni Unite della Suprema Corte, aveva sostenuto che il saluto romano “rientra nel perimetro punitivo della legge Mancino quando realizza un pericolo concreto per l’ordine pubblico”. In sostanza per il pg bisogna distinguere la finalità commemorativa con il potenziale pericolo di ordine pubblico: “La nostra democrazia è forte e sa distinguere”, ha detto.
Non si parla dunque di quanto avvenuto quest’anno alla commemorazione del 46mo anniversario della strage di Acca Larentia, a Roma, per la quale è stato aperto un fascicolo con oltre 10 indagati e sono state identificate dalla Digos un centinaio di persone. Ma il legame c’è perché ora l’obiettivo era fare chiarezza una volta per tutte su una questione che fino ad ora ha generato sentenze diverse in base a diversi orientamenti delle corti chiamate a esprimersi nel tempo.
Ecco cosa prevede l’articolo 5 della legge Scelba: “Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da duecentomila a cinquecentomila lire. Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell’articolo 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni”. È quanto prevede l’articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, citato dalla Cassazione in relazione al saluto romano.
Secondo l’avvocato difensore degli imputati “non è reato se fatto in una commemorazione”
L’avvocato Domenico Di Tullio, difensore di due degli otto imputati per i quali oggi è stato disposto il processo di appello bis, sostiene che “la decisione della Cassazione sancisce che il saluto romano non è reato a meno che ci sia il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista così come previsto dall’articolo 5 della legge Scelba, oppure ci siano programmi concreti e attuali di discriminazione razziale o violenza razziale così come previsto dalla legge Mancino”.
“Se mancano sia il tentativo di ricostituzione o programmi di discriminazione ovviamente non è reato – sostiene l’avvocato – La cerimonia del ‘presente’ quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico. Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazione fatte in Italia negli ultimi 70 anni, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto il contrario, senza fare chiacchiere. Perché in Italia non si puniscono le opinioni”.
“Continueremo a fare il saluto romano”. Così il portavoce di CasaPound, Luca Marsella, commenta all’Ansa la decisione della Cassazione di sanzionare il gesto fascista in base alla legge Scelba. “Come già ribadito – aggiunge -, noi continueremo a organizzare e a presenziare Acca Larentia”.