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I razzisti vanno espulsi dagli stadi

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Il più grande alleato dei razzisti è l’indifferenza. Nel calcio l’indifferenza si traduce nel minimizzare, nel sottostimare il fenomeno, nel derubricarlo come semplice sfottò. E’ l’argomento al quale ricorrono più frequentemente i razzisti da stadio, che giustificano i loro cori come “tifo contro” teso a demoralizzare l’avversario. Utilizzando, però, il verso della scimmia. Ovviamente non riservato ai giocatori di pelle bianca. Sconcertante che siano in molti nel mondo del calcio a dare per buona questa versione. I razzisti hanno bisogno di una vittima. Non potendo odiare i loro giocatori, odiano quelli degli altri. Purché siano neri.

I razzisti hanno odiato in passato anche i loro giocatori. Nel ’96 comparve nella curva del Verona un manichino nero impiccato. Un disgustoso gesto di rifiuto verso l’ingaggio del primo giocatore africano che sarebbe giunto nella squadra, Maickel Ferrier. Non fu mai contrattualizzato. A Treviso nel 2001 i tifosi se la presero con il giovane Akeem Omolade. I suoi compagni di squadra lo difesero scendendo in campo con la faccia dipinta di nero. Omolade fu ceduto.

Ora i giocatori africani, o afrodiscendenti, giocano in ogni squadra. La guerra xenofoba delle tifoserie estreme è persa. Ed è per questo che ha cambiato obiettivi: il nero degli altri.

Il caso del portiere milanista Maignan ad Udine ha riacceso i riflettori su un fenomeno che non è stato mai davvero combattuto, né quando cominciò a manifestarsi negli anni 90 né oggi. Anzi, spesso è considerato un fastidio da dirigenti, tecnici e allenatori. Con alcune importanti eccezioni. Carlo Ancelotti fu energico nel denunciare il razzismo in Spagna quando un suo giocatore del Real Madrid, Vincius, fu vittima di insulti in campo. E’ stato altrettanto energico l’allenatore del Cagliari, Claudio Ranieri, non più di qualche settimana fa. Troppo pochi, ancora, coloro che denunciano.

A Udine le squadre hanno lasciato il campo. E’ quello che dovrebbe succedere sempre. E ovunque. Non bastano più le affermazioni generiche, i richiami al “respect” che compaiono sulle fasce dei capitani. Occorrono fatti concreti. Come la sospensione delle gare. Anche definitiva.

Ma soprattutto occorre perseguire i razzisti che si manifestino all’interno dello stadio. Ogni spettatore è individuabile oggi. I sistemi di accesso sono rigidi: posto numerato, documento di identità. Per tutti. Il biglietto è nominale. E’ possibile individuare i responsabili e allontanarli per sempre dallo stadio.


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