Guido Rossa, l’operaio dell’Italsider che venne assassinato quarantacinque anni fa dalle Brigate Rosse per aver denunciato un collega che ne distribuiva in fabbrica i volantini, incarna il senso di Genova per la democrazia e per la Costituzione. E ci spiega alla perfezione ciò che quella città significhi nella storia del nostro Paese. Genova costituisce, infatti, una sorta di patria morale. Da Mazzini e Mameli alla Resistenza, indica ciò che eravamo, ciò che saremmo potuti essere e ciò che purtroppo non siamo più. Profuma di lotta, di passione politica e civile, di impegno collettivo, di battaglia corale e di anarchia. Non a caso, sono nati da quelle parti anche don Gallo e De André, oltre ai camalli che animarono le manifestazioni dell’estate del ’60 contro la scellerata decisione del governo Tambroni di concedere una città medaglia d’oro della Resistenza al Movimento Sociale Italiano per celebrare il suo congresso. C’è, dunque, un filo rosso che collega la liberazione autonoma di Genova dal nazi-fascismo, annunciata da Taviani in un memorabile discorso radiofonico, allo sviluppo socio-economico dei decenni successivi, di cui PCI e PSI furono le colonne portanti, con l’ausilio di un mondo della cultura composto da intellettuali veri e personalità capaci di tenere insieme la cittadinanza nella sua pluralità.
Guido Rossa si era formato in questo contesto. Era un uomo semplice e perbene, un sindacalista della CGIL. Venne assassinato a quarantaquattro anni, la mattina del 24 gennaio 1979, mentre si recava al lavoro. La sua morte segnò lo spartiacque fra due epoche, ampliando il solco, già profondissimo, fra i comunisti e le formazioni eversive.
Il giorno dei funerali, dopo le esequie, si presentò di fronte ai camalli il Capo dello Stato e, prendendo la parola, disse: “Non vi parla il Presidente della Repubblica, vi parla il compagno Pertini. Io le Brigate Rosse le ho conosciute: hanno combattuto con me contro i fascisti, non contro i democratici. Vergogna!“. Se abbiamo sconfitto le BR, è anche merito di questo episodio. E non sorprende che a far crollare il muro di omertà e tacita simpatia di molti nei confronti di un movimento dai metodi criminali sia stato un partigiano ligure che aveva conosciuto il carcere e i soprusi fascisti, in una terra orgogliosa della propria storia, dei propri valori e della propria indiscutibile grandezza.
Come detto, esiste un prima e un dopo. Guido Rossa è un punto di non ritorno, un esempio, un galantuomo che non ha rinunciato a fare il suo dovere, potremmo dire addirittura un martire, oltre che un protagonista della nostra storia migliore. Venne ucciso per aver compiuto un gesto che chiunque avrebbe dovuto compiere, per non essere rimasto indifferente, a differenza di altri che invece ebbero paura e lo lasciarono solo nella denuncia, per non essersi voltato dall’altra parte di fronte all’abisso.
Accadde a Genova, là dove spesso si sono verificate le svolte che, nel bene e nel male, hanno segnato l’Italia.
(Foto dal manifesto della Cgil per le commemorazioni del 2021)
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