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Giornalisticidio a Gaza: ucciso il reporter palestinese Abdullah Breis con i suoi familiari in un attacco a Khan Yunis

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Continua il massacro indiscriminato di giornalisti a Gaza. Continuano a piovere bombe sulle case dei giornalisti nel silenzio complice e scandaloso della comunità internazionale. Come abbiamo documentato qui su Articolo21 dal lancio delle operazioni militari contro Gaza, il 7 ottobre scorso, i cronisti e fotoreporter palestinesi vengono liquidati non solo quando escono e girano per documentare i bombardamenti indiscriminati e le azioni militari più brutali dell’esercito israeliano a danno dei civili ma anche quando tornano a casa loro, quando si rifugiano coi familiari, quando cercano una parvenza di vita con i propri cari dopo aver documentato le atrocità quotidiane a Gaza. Non c’è nemmeno più la segretezza del Mossad per farli fuori in maniera discreta, oggi gli si bombarda semplicemente la casa uccidendo anche tutti i familiari. Bombe dunque sulle case di giornalisti, fotoreporter, redattori, cronisti freelance. Una vergogna senza nome, una guerra sporca contro l’informazione indipendente che cerca disperatamente di spezzare il muro di gomma di un’élite militare e governativa, quella israeliana, che cerca di silenziare le sorti del popolo palestinese rendendo “invisibile” la guerra ed eliminando come un sicario senza scrupoli tutti i testimoni. Ed i testimoni di eccellenza, operatori dell’informazione insostituibili, professionisti coraggiosi ed unici, sono i giornalisti.

 

Lo abbiamo documentato più volte qui su Articolo21 : le case dei giornalisti sono diventate un obiettivo militare prioritario per Tsahal che porta avanti il suo programma “giornalisticida”. Vengono infatti colpite e abbattute con precisione chirurgica. Prima era stata la volta di Assaad Shamlakh,  giornalista freelance, ucciso insieme a nove membri della sua famiglia in un attacco aereo israeliano contro la loro casa a Sheikh Ijlin, un quartiere nel sud della Striscia di Gaza. Poi della giornalista Alaa Taher Al-Hassanat, uccisa in un attacco aereo israeliano insieme a molti membri della sua famiglia. Poi è stata la volta di Moin Ayyash è stato anch’egli ucciso insieme ad alcuni membri della sua famiglia.

 

L’ultimo ad essere bombardato in casa in ordine di tempo è il giornalista Abdullah Breis, assassinato con alcuni membri della sua famiglia in un attacco alla sua casa nel campo profughi di Khan Yunis, a Gaza. Gli attacchi aerei israeliani hanno inoltre ucciso la moglie, il figlio e la figlia del reporter di Palestine TV a Gaza Sameer Radi. Israele ha ucciso anche la famiglia del reporter di Al Araby TV Ahmad Al Batta.  Khan Younis, a sud della Striscia, è stato uno dei principali obiettivi dei bombardamenti israeliani di lunedì mattina, che hanno ucciso almeno 22 persone. Un video condiviso online mostra il giornalista Al-Batta sconvolto che riceve la notizia del bombardamento della sua casa al telefono. In un’intervista qualche giorno prima con Al-Araby TV, aveva detto che stava preparando un posto più sicuro dove trasferirsi poco prima dell’uccisione dei suoi cari. Una domanda sorge dirompente dalle ceneri di Gaza: che “democrazia” è quella che uccide indiscriminatamente giornalisti bombardando persino le loro case e massacrando le loro famiglie? Il bilancio sanguinoso dei giornalisti uccisi a Gaza dal 7 ottobre è salito a 111 giornalisti uccisi: numeri che fanno rabbrividire e che necessitano una mobilitazione internazionale al fine di porre termine al primo e più grande “giornalisticidio” della storia. Se non puoi farli tacere, seppelliscili sotto le bombe. Ma noi non saremo silenti e porteremo avanti, nel mondo, la voce dei nostri colleghi uccisi.


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