Fermare la strage sul lavoro sembra impossibile. O non interessante

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Un giovane operaio muore alla periferia di Roma mentre stava effettuando lavori di manutenzione, aveva 30 anni. Le cronache non riportano sempre il suo nome. La Cgil, sul sito Collettiva, ha inserito il fatto di cronaca in una troppo ampia sezione dedicata agli infortuni sul lavoro, che, infatti, si chiama “Fermiamo la strage“. L’operaio trentenne deceduto a Maccarese è stato schiacciato da una gru il 25 gennaio; tre giorni prima altro infortunio mortale, l’undici gennaio un altro. Chi sono, come si chiamano, con quale amico sarebbero andati a cena la sera? Ogni 12 ore in qualche punto oscuro dell’Italia qualcuno muore perché stava lavorando e tutti gli allarmi, le richieste di maggiore protezione non sono serviti. Oppure non sono stati seguiti.

Il 2024 è iniziato come era finito il 2023, anno in cui si sono registrate 960 le persone che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro (dati Inail), l’equivalente di un intero quartiere o di un piccolo paese dell’Italia interna. Tre morti al giorno possono essere l’equivalente di una guerra civile che non fa rumore da tanto tempo. E non fa più notizia, talvolta non fa più nemmeno rumore. La prima vittima di quest’anno è stato un autotrasportatore di 52 anni, al suo primo giorno di servizio presso un’azienda di Pordenone, nel nord est definito ancora il polmone ricco del Paese, dove i numeri indicano comunque una diminuzione degli infortuni mortali e gravi, mentre è molto negativo il trend al Sud, dove le vittime del lavoro sono passate da 224 nel 2022 a 235 nel 2023.


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