Drammatiche le testimonianze dei giornalisti dell’Agenzia Dire arrivate all’assemblea di Articolo 21 dedicata alle varie aggressioni alla libertà di informazione. In apertura dei lavori Alessandra Fabbretti, del Comitato di redazione della Dire.
“Quello che stiamo attraversando è qualcosa di inedito. – ha detto Fabbretti – Nei due anni di contratto in solidarietà abbiamo dato la disponibilità massima all’azienda, nessuno si è mai tirato indietro, consapevoli delle difficoltà finanziarie e della necessità di garantire la continuità del servizio. A fronte di ciò, lo scorso dicembre, con la fine della solidarietà, sono stati ribaditi gli esuberi. Il 28 dicembre sono stati notificati 14 licenziamenti, per la maggior parte nella sede romana, tra cui 5 nel solo desk politico. Inoltre, tra i 14 figura anche un componente del Cdr”. A questi si aggiunge un quindicesimo: “L’azienda ritiene essere una giusta causa, ma abbiamo assistito a un fatto assolutamente spregiudicato, perché, tra le motivazioni, sono state utilizzate anche dichiarazioni fatte dal collega in un’assemblea di redazione e ciò rende il tutto ancora più grave, perché quello è uno spazio libero di discussione”. Nella vicenda pesano anche i tempi: la Dire era stata aggiunta nell’elenco delle agenzie di rilevanza nazionale per accedere ai fondi del Dipartimento per l’Informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio, che punta a sostenere il settore a partire dal mantenimento dei livelli occupazionali. Il 29 dicembre però, il giorno dopo i licenziamenti, il Die ha disposto la sospensione, da un lato, del pagamento dell’ultima tranche dei fondi relativi al 2023, e dall’altro della partecipazione dell’agenzia al nuovo bando. Questo in seguito a un fermo amministrativo adottato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito sulla Com.e, società editrice dell’agenzia Dire, a processo per fatti collegati alla precedente proprietà.
Da qui, l’azienda ha deciso di sospendere con effetto immediato e senza stipendio 17 giornalisti, con una e-mail arrivata alle ore 22 del 31 dicembre. Un fatto che il CdR ha stigmatizzato in una nota come “atto gravissimo e senza alcun precedente e fondamento giuridico, oltre che assurdo per tempi e modi”. L’auspicio è che la politica “mantenga alta l’attenzione” sulla vicenda, mettendo in atto “tutto quanto possa contribuire alla salvaguardia dei livelli occupazionali e della storia dell’Agenzia stessa. Non possono essere i lavoratori della Dire a pagare gli errori delle proprietà che si sono succedute negli ultimi anni”.
Fabbretti aggiunge: “I sospesi sono tutti nella redazione di Roma, già colpita dai licenziamenti. Questo pone il problema di garantire la continuità del servizio. A fronte di ciò, abbiamo deciso di mantenere l’operatività del servizio, a garanzia della professionalità dei colleghi sospesi. In questo momento è importante non lasciare i lavoratori nel limbo di una sospensione che non si sa bene che cos’è. L’agenzia Dire si è sempre distinta per la volontà di investire su un corpo redazionale molto giovane, ma ora gli attuali provvedimenti colpiscono colleghi particolarmente fragili”.
Dopo l’auspicio del moderatore del dibattito Vincenzo Vita al ritiro dei licenziamenti e delle sospensioni, è intervenuto Alfonso Raimo, il giornalista licenziato per le dichiarazioni in assemblea, “per giusta causa” secondo l’azienda. Raimo è costituito parte civile contro la Com.e per i fatti che riguardano la precedente proprietà.
“Per capire questa storia bisogna andare alla vicenda delle presunte tangenti, a causa della quale oggi siamo in una situazione di impasse. – ha detto Raimo – E’ imputato per corruzione il precedente editore. Io mi sono fatto latore di un cambio di linea per tentare di recuperare strada e rimettere l’azienda su un binario di pulizia e legalità, che sono decisive per un’azienda accusata – a torto o a ragione, e questo lo stabilirà il processo in corso – di aver usufruito di proventi in cambio di tangenti, e non mi sono fatto remora di dirlo anche al mio direttore. L’ho detto il 23 marzo, il mese dopo sono stato allontanato dal servizio che svolgevo. Ricordo qui che la costituzione in giudizio come parte civile come lavoratori è stata fatta perché convinti che, come lavoratori, dovevamo stabilire una netta posizione. Il nuovo editore poteva costituirsi a sua volta e invece nonostante lo abbia sempre ventilato, non lo ha ancora fatto. Ora arriviamo alla partita decisiva dei licenziamenti. Il dato è: non puoi fruire di fondi pubblici se poi li utilizzi per fare i licenziamenti”, una posizione ribadita anche dall’Fnsi in una nota del 28 dicembre.
L’agenzia ha pertanto disposto tre giornate di sciopero per invocare la revoca dei licenziamenti per il 29 dicembre, il 4 e l’8 gennaio. Quanto alle sospensioni “illegittime”, la risposta dei redattori è stata decisa: “Noi andiamo al lavoro”.
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